In un popolare programma televisivo del 1995, Carmelo Bene si manifestò al pubblico come un classico vivente. Agli spettatori, allibiti, egli tentava di spiegare: «Il classico è quello che si dà una volta per tutte… Il classico esonera dal contemporaneo. Mi dispiace per voi, non è un dispetto, ma esonerando dal contemporaneo non mi resta che … comprendere … una platea di morti destinati all’attualità, alla cronaca, dannati a… e condannati all’informazione». Anche se in modo paradossale e brusco, Bene aveva colto nel segno: il meglio della tradizione antica è l’unica realtà viva e vitale, e ogni tentativo di trasformare il passato in un affare quotidiano corre il rischio di banalizzarlo e mortificarlo. In un momento storico in cui tutti siamo inchiodati al presente, generatore di ansie – quel che Carmelo Bene definiva «contemporaneo» –, o al massimo in attesa di un futuro radioso che non giungerà mai, recuperare il vero senso del passato come unica realtà che possediamo e possiamo comprendere appare un’ottima opportunità per rendere meno sfuggente il presente e trasformarlo in una categoria storica.

Su questa linea si muove il ciclo di incontri Fuoriclassico, che si svolge a Napoli tra il Museo archeologico nazionale, il Teatro Bellini e la Galleria Toledo: inaugurato nel novembre scorso, si chiuderà a giugno con un intervento dello storico Johan Chapoutot sul riuso nazista dell’antichità classica. Il tema di questa seconda edizione, ideata e curata da Gennaro Carillo, e coordinata da Marinella Pomarici e Andrea Milanese, è Passaggi di stato. Migrazioni e altre metamorfosi. Publio Ovidio Nasone, morto in esilio duemila anni fa, autore delle Metamorfosi, il poema delle trasformazioni mitiche degli uomini e degli dèi; e Giambattista Vico, nato a Napoli trecentocinquanta anni fa, che nella Scienza Nuova ci ha insegnato a indagare con metodo scientifico i fatti storici, sono i due fari che illuminano le conversazioni, gli incontri, le letture, i contrappunti visivi sul passaggio di stato come trasformazione dell’individuo e come migrazione (o invasione).

Il prossimo appuntamento in programma è previsto per domani, 23 febbraio, al Museo archeologico (Sala conferenze, ore 17.30): Il grande cervo. Dialogo su Falstaff e Atteone. Nadia Fusini e Gennaro Carillo si confronteranno su due figure dell’immaginario letterario occidentale: due personaggi puniti per il loro desiderio di possedere chi non vuole essere posseduto. Nella commedia di Shakespeare The Merry Wives of Windsor, tradotta recentemente da Fusini con il titolo Le allegre madame di Windsor, Falstaff, per poter incontrare le signore Paige e Ford, diviene cacciatore grazie a delle corna di cervo: segnale inequivocabile, questo, della «fortuna» del tragico episodio narrato da Ovidio nelle Metamorfosi, e così il buffo cavaliere si trasforma in novello Atteone.
Il 22 marzo sarà la volta di Luciano Canfora, in conversazione su Tucidide e Aristofane. Il programma completo di Fuoriclassico sul sito del Mann (museoarcheologiconapoli.it).