Condannata per falso in atto pubblico, prosciolta dall’abuso d’ufficio. La sindaca di Torino, Chiara Appendino, si salva così dalla legge Severino: non dovrà lasciare la carica prima dalla scadenza, ma deve molto probabilmente abbandonare ogni velleità di ricandidatura. Ieri, nella prima giornata di clima autunnale, è arrivata per la prima cittadina della città della Mole la sentenza di primo grado del processo sul controverso caso Ream, la società che durante la precedente amministrazione Fassino si era interessata alla riqualificazione dell’area un tempo occupata dalla fabbrica Westinghouse.

Secondo la Procura, il Comune di Torino non avrebbe inserito nel bilancio 2017 i 5 milioni di euro versati come caparra dalla Ream. Una scorrettezza che permise di portare in pareggio i conti della Città. Il progetto fu, poi, assegnato al gruppo Esselunga. I pm Marco Gianoglio ed Enrica Gabetta avevano chiesto per Appendino una pena di 1 anno e 2 mesi. «Porterò a termine il mio mandato da sindaca. Come previsto dal codice etico mi auto sospenderò dal Movimento 5 stelle», ha annunciato Appendino dopo aver assistito in aula alla lettura della sentenza, sottolineando, inoltre, di essere stata assolta per tre reati su quattro.

La sindaca di Torino è stata condannata a 6 mesi per il falso ideologico relativo all’anno 2016, mentre è stata assolta per l’abuso d’ufficio 2016 e 2017 (reato che per la legge Severino prevede la decadenza da qualsiasi incarico pubblico) e per il falso ideologico del 2017. I suoi legali hanno subito annunciato che ricorreranno in appello. Stessa condanna di Appendino per l’assessore comunale al Bilancio, Sergio Ronaldo. Otto mesi, invece, per l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana. Prosciolto, invece, il dirigente comunale Paolo Lubbia.

A sollevare per la prima volta la questione Ream furono i consiglieri di opposizione Stefano Lorusso (Pd) e Alberto Morano (Lega, dimissionario perché condannato per due episodi di tentata concussione), che avevano presentato un esposto in Procura. Ai magistrati si rivolsero in seguito anche i revisori dei conti di Palazzo civico, contrari a spostare la somma dal bilancio 2017 a quello dell’anno successivo. Nell’estate del 2017 la guardia di finanza si recò in Comune prelevando la documentazione relativa all’area ex Westinghouse.

Soltanto un anno prima, i militanti dei Cinque stelle, per festeggiare la vittoria, erano arrivati sotto Palazzo civico al grido di «onestà, onestà». Il M5s locale, per ora, fa muro: «Ci siamo confrontati come consiglieri e abbiamo deciso di continuare a sostenere Appendino fino alla fine del mandato», precisa il gruppo in Consiglio comunale. «Siamo sempre stati convinti della buona fede dell’azione amministrativa di Appendino e lo siamo ancora». La sindaca si è difesa sui social: «Se è stato fatto questo errore, ribadisco che è stato fatto in assoluta buona fede e senza alcuna volontarietà di commettere il falso». E ha aggiunto: «Come è evidente anche dalle carte processuali, non ho tratto alcun vantaggio personale, anzi: l’accusa, nella sostanza, era di aver ingiustamente “avvantaggiato” il Comune».

I prossimi mesi saranno difficili per la sindaca di Torino, che ultimamente sperava in un ruolo nazionale. Arriverà, infatti, un’altra sentenza, quella sulla tragedia di piazza San Carlo dove morirono tre persone. E la corsa alle prossime comunali in città pare sempre più confusa. Il centrosinistra andrà solo o con i Cinque stelle? Il capogruppo dem in Sala Rossa, ieri, ha chiosato: «La condanna della sindaca Appendino ci rattrista per la Città e per l’immagine di Torino».