La presidenza Juncker e la presidenza semestrale italiana sono cominciate male. I 28 capi di stato e di governo e i leader delle istituzioni europee mercoledi’ notte non sono riusciti a trovare un accordo neppure sulla sola nomina a cui era stata alla fine ristretta la scelta per il vertice del 16 luglio: la successione di Catherine Ashton alla testa della Pesc.

L’unica cosa che sembra decisa è che sarà una donna (e, molto probabilmente, di sinistra). La spiegazione data da Hollande su questo punto ha di che lasciare perplessi: una donna, “per forza, tenuto conto di cio’ che dobbiamo offrire come immagine dell’Europa”. Al di là della donna-immagine, Mrs Pesc è un tassello di un pacchetto molto complesso, che sarà sul tavolo del prossimo Consiglio il 30 agosto, dove devono conciliarsi equilibri tra stati (grandi e piccoli, nord-sud-est), tra appartenenza politica e di genere.

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Matteo Renzi, nel suo esordio della presidenza semestrale, è stato troppo sbrigativo nelle ovattate sale di Bruxelles, dove si negozia a lungo nei corridoi. Non solo non ha incassato la nomina di Federica Mogherini, sospettata di incompetenza e contestata soprattutto dai paesi dell’est per le posizioni troppo filo-russe dell’Italia. Ma l’Italia deve digerire un’altra sconfitta: il progetto Southstream, la pipeline a sud per il trasporto di gas russo all’Europa senza passare per l’Ucraina, è stato sospeso, nell’ambito delle sanzioni rafforzate a un livello due e mezzo (non ancora la fase tre, ma un po’ di più della fase due), in attesa di una soluzione politica tra Ue e Russia sulla crisi ucraina.

Juncker passerà l’estate a cercare di mettere assieme una Commissione di 28 membri, cioè troppo affollata, un esercito con troppi generali, che genera troppa burocrazia in settori marginali. La scelta di dare un commissario ad ogni stato membro è una delle tante sconfitte del progetto europeo degli ultimi anni.

La Commissione, che dovrebbe rappresentare l’interesse generale, si è trasformata in un’altra istanza, a fianco del Consiglio (dove il voto è ponderato per peso specifico dei singoli paesi), dove vengono di fatto difesi gli interessi nazionali. Cosi’ la scelta di volere a tutti i costi il posto di Mrs.Pesc si rivela un po’ avventata da parte dell’Italia: si tratta di un posto di prestigio (non a caso i governanti sono scaduti nella “donna-immagine”), ma che nei fatti si traduce in poco potere, perché l’Alta rappresentante è spesso in viaggio, quindi assente dalle riunioni dei commissari e quindi con poca voce in capitolo.

Per ottenere questo posto, all’Italia resta la strada di consolidare l’asse con la Francia, che vuole gli Affari economici e monetari per Pierre Moscovici. La Germania si oppone a un ex ministro giudicato responsabile della deriva dei conti francesi e che dovrà eventualmente infliggere la multa a Parigi per “deficit eccessivo”.

Per rendere la Commissione più efficiente, i grandi paesi riflettono sull’introduzione dei cluster, cioè sulla nomina di super-commissari (affari economici, Pesc, energia, mercato interno), attorno ai quali dovrebbero “agglomerarsi” dei sotto-commissari con incarichi specifici.

Juncker, benché eletto con un’ampia maggioranza, non ha pero’ fatto il pieno dei voti del “blocco” della grande coalizione Ppe-Pse-Liberali. Parte quindi con un handicap, che complica l’eventuale svolta dei cluster, che permetterebbe di avere una Commissione più efficiente e più adatta ad affrontare la sfida del “ventinovesimo stato”, quello dei 30 milioni di disoccupati.

Inoltre, Juncker, da buon democristiano, nel discorso di investitura ha fatto promesse a tutti, a destra ma soprattutto a sinistra, per cercare di far dimenticare che è stato alla testa dell’Eurogruppo dal 2005 al 2013, cioè nel periodo in cui sono state decise le politiche di austerità.