La solidarietà da «flessibile» diventa «obbligatoria», ma il risultato non cambia. L’Europa non solo non vuole redistribuire quote di migranti tra gli Stati membri, ma non intende neanche partecipare alle spese sostenute dai Paesi di primo arrivo.
I vertici europei sull’immigrazione assomigliano ormai a vecchi copioni già letti e quello dei capi di Stato e di governo che si è chiuso ieri a Bruxelles non fa eccezione. E come accade ormai da mesi anche questa volta l’Italia è rimasta isolata. Certo, ieri più che sulla questione migranti l’attenzione generale era concentrata sulla manovra economica di Roma, ma questo non ha impedito ai leader europei di respingere ogni tentativo, seppure minimo, di venire incontro alle richieste italiane. Anche da parte dei Paesi in teoria vicini alla Lega, a partire dall’Ungheria di Viktor Orbán con cui Matteo Salvini sogna di dar vita a un’onda lunga sovranista che lo porti fino alla guida della Commissione europea (peccato che proprio ieri Orbán per la stessa carica abbia annunciato il sostegno del suo Fidesz al capogruppo del Ppe Manfred Weber).
Circostanza che non a caso è stata sottolineata dal premier lussemburghese Xavier Bettel: «Oggi si cerca di farci capire che c’è un unico fronte antimigranti in Europa, ma Salvini e Orbán sono agli antipodi: il primo vuole solidarietà mentre il secondo non vuole proprio accogliere i migranti», ha detto Bettel al suo arrivo al vertice.
A parlare di solidarietà obbligatoria (archiviando a quanto pare l’idea di aprire campi profughi in Paesi extra Ue), è stato il premier austriaco Sebastian Kurz, al quale fino a dicembre spetta la presidenza di turno. Proposta nata con l’obiettivo di riuscire a rompere lo stallo sul regolamento di Dublino nel quale i 28 si trovano da anni, e che ricalca quella fatta nel 2016 dalla Slovacchia che prevedeva «contributi finanziari ai Paesi sotto pressione» a causa degli sbarchi. Il tutto, su base volontaria. Al contrario Vienna chiede di dar vita a un meccanismo obbligatorio che imponga agli Stati membri di aiutare con risorse finanziarie, logistiche o umane un Paese di primo ingresso in difficoltà, escludendo così definitivamente la distribuzione per quote dei migranti.
Stando a quanto riferito da fonti Ue nessuno Stato si sarebbe fatto avanti per sostenere la proposta austriaca, tanto che ieri sera in molti la consideravano come già sorpassata. «Questa non è una proposta europea» ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha bollato l’idea come «un po’ troppo facile» e che soprattutto «non risolve il problema» di assicurare un’equa distribuzione dei migranti. «Potremmo ancora vedere alcuni Stati lasciati soli» a gestire gli sbarchi, ha concluso la cancelliera.
Nulla di fatto anche per quanto riguarda la richiesta avanzata dal premier Conte di modificare le regole della missione europea Sophia, che prevedono lo sbarco dei migranti nei porti italiani. Viceversa in molti sono tornati all’attacco sulla questione dei movimenti secondari, vale a dire i migranti che dopo essere sbarcati si sono trasferiti in un altro Paese, in genere del Nord Europa. «Il numero dei migranti che arrivano in Olanda, Belgio, Lussemburgo, Germania e Svezia è più alto di quello di quanti giungono in Italia e Spagna», ha detto il premier olandese Mark Rutte non nascondendo la tensione registrata al vertice sull’argomento.