La lunga notte di Reggio Calabria segna il crepuscolo di Peppe Scopelliti. Umiliato e doppiato, deve arrendersi all’evidenza: la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova fase. Trionfa e si consacra un altro Peppe, Falcomatà jr, figlio di Italo, il sindaco della «primavera di Reggio» degli anni Novanta.

I numeri sono impietosi per Scopelliti e compari. Falcomatà, a capo della coalizione di centrosinistra, sbanca già al primo turno con oltre il 60%. Il candidato della destra, Lucio Dattola, storico ras dei bottegai reggini, sta oltre 30 punti sotto, e si ferma a un misero 27%. Rispetto alle europee di 5 mesi fa il centrosinistra fa il botto e approfitta del crollo verticale dei grillini. Indeboliti dalle faide interne, scossi dalle accuse di brogli alle primarie on line, distratti dalle inchieste giudiziarie a sfondo ‘ndranghetista che li coinvolgono, passano dal 21,5% delle europee al 1,8%, mentre il candidato a sindaco Enzo Giordano fa poco meglio (2,5%). In termini assoluti equivale ad una debacle di oltre 10 mila voti. Nelle stesse ore in cui Beppe Grillo da Palermo farfugliava di «moralità della mafia», dal primo capoluogo di provincia sciolto per contiguità mafiose gli arriva un sonoro schiaffo. E ora i grillini hanno i brividi a pensare a cosa potrà accadere alle regionali di novembre: lì ci sarà da superare il quorum monstre dell’8% e, viste le premesse, anche quello è a rischio.

La sinistra a queste latitudini si presentava in ordine sparso. La lista Tsipras, cotè Rifondazione, gareggiava sotto le insegne di Un’altra Reggio e ha ottenuto l’l,5%, lontanissima dal lusinghiero 7,7% delle europee, nonostante un buon programma e un ottimo candidato a sindaco, l’attivista del movimento per l’acqua pubblica, Stefano Morabito (1,9%). La lista di sinistra subisce l’exploit di Falcomatà, il ricatto del voto utile, e soprattutto lo sfilacciamento in ben 3 formazioni: Sel, che prende il 1,8%, Sinistra per Reggio (Pdci e altri) che si ferma al 1,4%, entrambe a sostegno di Falcomatà, e il Pcl con lo 0,3% e il candidato a sindaco, Pino Siclari (0,4%). Insomma, un harakiri visto che nessun consigliere a sinistra del Pd siederà sugli scranni di Palazzo San Giorgio.

L’ennesima dimostrazione che la radicalità dei programmi senza l’unità non porta da nessuna parte e conduce, anzi, nel vicolo cieco dell’irrilevanza o, peggio ancora, dell’estinzione. Stesso scenario alle regionali di novembre: l’onda lunga del Pd e una sinistra atomizzata tra candidati deboli e liste impecettate.

Ma lo sconvolgimento più forte lo si registra nell’area della destra. Ncd si schianta al 3%, oltre 10 punti sotto il dato delle europee, Forza Italia con l’8% dimezza i suoi voti rispetto a 5 mesi fa, la lista di Scopelliti, Reggio Futura, ottiene quasi il 10% e si aggiudica il (magro) premio di consolazione di miglior lista della coalizione. Scopelliti, intanto, sta zitto, non ha più nemmeno un partito. Deve ricostruirsi il futuro politico, tra un ritorno a Forza Italia oppure un salto alle origini tra i camerati di Fratelli d’Italia (una percentuale da prefisso telefonico ieri alle comunali). Di sicuro un ciclo è finito, e lo scopellitismo messo in archivio.

«Reggio da oggi è libera, senza padroni né padrini. Ci rimettiamo al lavoro per la città, ma non abbiamo mai smesso di farlo. Ora lo faremo solo in un’altra veste. Con la freschezza dei trent’anni, con la voglia, l’energia e la passione per questa città che è davvero viscerale e ha bisogno di ognuno di noi. Vogliamo che voi ci stiate accanto in questo percorso come avete fatto fino ad oggi perché noi siamo qui soltanto grazie a tutti i cittadini che hanno deciso di restituire orgoglio e dignità a questa città» ha esclamato il neosindaco di fronte ai suoi simpatizzanti.

I proclami fanno ben sperare. Ma ripianare il debito di una città in default, appena uscita da un commissariamento per ‘ndrangheta, in cui abbondano gattopardi e trasformisti, sarà un’operazione dolorosa.