Voleva prendersi Reggio, deve accontentarsi di Taurianova. La campagna calabra di Matteo Salvini si rivela una disfatta. La città dello Stretto rielegge Peppe Falcomatà a Palazzo San Giorgio. La vittoria è schiacciante: 59% per il dem contro il 41% dello sfidante, Nino Minicuci, il segretario comunale globetrotter, da Genova ad Ascoli passando per Massa, che sognava di terminare la sua carriera di burocrate indossando la fascia di primo cittadino di Reggio, lui nativo di Melito Porto Salvo e criticato anche per questo dai suoi avversari.

Falcomatà incrementa di 8 mila voti il suo bottino al secondo turno: a spanne è lo score ottenuto da Saverio Pazzano e dalla sinistra di alternativa al primo turno. Ha, dunque, fatto il pieno nel suo campo, quello antifascista e antisovranista. Minicuci, invece, è rimasto fermo al palo: lo hanno votato in 32 mila come 14 giorni fa. Ma per lui la sconfitta è amara. C’era un revanchismo strisciante nella Reggio nera che lo aveva candidato e sostenuto in questi mesi. L’appello in suo favore dei leader dei «boia chi molla» alla vigilia del ballottaggio trasudava rancore e voglia di rivincita contro la Reggio progressista dei Falcomatà.

Si erano persino rivisti gli Scopelliti boys, malcelati nella corazzata di liste a sostegno del «burocrate oriundo». E venerdì piazza Duomo era gremita alla chiusura della campagna della destra, tra bandiere tricolori e saluti romani. Ma era un’inutile ostentazione di forza, ben consci che la vittoria sarebbe stata ardua. Perché Minicuci era un candidato debole in una coalizione litigiosa che mal sopportava la tracotanza di Salvini in riva allo Stretto. «Nino sarà il sindaco del Ponte», «di candidati nati qui che hanno ridotto così la città ne abbiamo visti tanti», «ma quale ballottaggio, vinceremo al primo turno!» sono alcune perle estratte dalle numerose gite reggine del capo leghista. Ma la fronda dentro Forza Italia, nel frattempo, cresceva. A stento gli azzurri avevano digerito la nomination di Minicuci, decisa ai tavoli romani. Al momento giusto il piatto della vendetta lo hanno servito freddo. La coalizione di centrodestra, che alle regionali in città aveva sfiorato il 60%, alle comunali è crollata di 20 punti.

Una debacle per Minicuci, una figuraccia per Salvini. Che credeva di issare la bandiera leghista dal pennone della prima città metropolitana del sud e deve ripiegare sulla più modesta Taurianova, ventimila anime nella piana di Gioia Tauro. Qui è eletto Rocco Biasi detto Roy, non certo un leghista della prima ora. Il sindaco lo ha fatto già per tre volte. Ora cala il poker e sconfigge l’uscente Fabio Scionti (Pd). A Crotone, invece, si apre l’era populista. Vince Enzo Voce con il 65% e la coalizione di centrodestra va al tappeto. La storia di Crotone meritava ben altro.