‘Oh Walter, sei un vero fenomeno, anche se detestabile,’ – dice Rosalind Russell a Cary Grant in La Signora del venerdì, una delle commedie ‘screwball’ più belle della storia del cinema. Lei è una giornalista, lui il suo ex-marito nonché direttore del giornale per cui lavora.

Queste parole esprimono perfettamente l’ambiguità di Hollywood nei confronti del giornalismo, un’ammirazione, quasi una devozione, mescolata ad un filo d’odio. Forse perché ci si vede riflessa nel ritratto.

Il nuovo film di Steven Spielberg, The Post, è una lettera d’amore al giornalismo militante. Racconta la storia dietro la pubblicazione dei famosi ‘Pentagon Papers’, una serie di rapporti confidenziali sulla guerra in Vietnam e la loro rivelazione che ben quattro tra presidenti e amministrazioni precedenti e attuali sapevano benissimo che la guerra era ormai persa ma nonostante ciò continuarono a mandare ragazzi a morire solo per motivi politici.

Tom Hanks interpreta il ruolo dello storico direttore Ben Bradlee e Meryl Streep è la gran signora Katherine Graham, proprietaria del Washington Post. Il focus del film mira così in alto che il dramma viene sminuito. Non si tratta più di Davide contro Golia, ma di un Golia contro due Golia più piccoli.

Non aiuta il fatto che The Post è un prequel di Tutti gli uomini del Presidente del 1976. Il capolavoro di Alan J. Pakula era un thriller politico su un momento storico molto recente. Jason Robards vinse un Oscar per la sua versione sboccata e roca di Bradlee (lo stesso ruolo di Hanks).

Nel film del ’76 i giornalisti sono due funzionari sconosciuti, Woodward e Bernstein (Robert Redford e Dustin Hoffman), metodici, sottovalutati, privi di rancore o ideologia – Woodward confessa di essere Repubblicano. Due “piccoli Davide” che fanno crollare il palazzo dell’uomo più potente del mondo.

Il lato oscuro si trova in L’asso nella manica di Billy Wilder, in cui Kirk Douglas è Charles Tatum, un giornalista senza scrupoli, che approfitta di un incidente in cui un uomo si trova intrappolato sottoterra per promuovere la sua carriera.

Il film non ha grande successo, molti criticano il ritratto esagerato di Tatum. Purtroppo l’ormai defunto giornale inglese News of the World, che compete con Tatum per il premio al giornalismo più nichilista, conferma che questo tipo di giornalismo esiste.

Quarto Potere di Orson Welles è più ambiguo.

All’inizio Charles Foster Kane è un riccone che assume la direzione di un giornale quasi per gioco. Il potere diventa poi passione, con storie e scoop che stanno dalla parte della gente comune contro i potenti, smascherando, per esempio, locatori di bassifondi. Questo porta al populismo ed è proprio qui che la corruzione cambierà Kane.

Kane alla fine userà i media come arma contro i suoi nemici, divulgando ‘fake news’ a suo vantaggio – e durante questo processo perderà la sua anima e andrà contro i suoi principi.

Ben Bradlee del Washington Post aveva un motto: ‘You never monkey with the truth’ – non si gioca con la verità. Era vero allora, ed è vero ancora oggi.