Hanno portato a termine la loro missione in pochi minuti. A Sarmin, nella provincia di Idlib, ieri quattro forse cinque uomini sono penetrati nell’ufficio degli “Elmetti bianchi”, hanno immobilizzato le sette persone presenti e le hanno giustiziate con colpi alla testa esplosi da pistole con il silenziatore. Una esecuzione in stile mafioso che, tra le altre cose, dimostra come gli “Elmetti bianchi” – la tanto osannata e premiata “Difesa civile siriana” nata nel 2013 per iniziativa dell’ex militare britannico James Le Mesurier – non siano affatto neutrali come affermano. Al contrario sono parte di una delle fazioni jihadiste, an Nusra (ramo siriano di al Qaeda), che si fanno la guerra per il controllo della provincia di Idlib. La strage è coincisa con un attentato suicida a Naseeb, nella Siria meridionale, che ha fatto una trentina di morti. Anche in questo caso si tratta di una faida tra jihadisti. Un kamikaze dell’Isis ha azionato la sua cintura esplosiva in un accampamento di Jaish al Islam, una formazione salafita armata sponsorizzata dall’Arabia saudita e considerata “moderata” dall’ex presidente socialista francese Hollande.

Nessuno ha rivendicato l’esecuzione dei sette “Elmetti bianchi” a Sarmin. Tuttavia la città è stata teatro negli ultimi mesi di scontri a fuoco tra miliziani di Hay’at Tahrir Sham (Hts), controllato da an Nusra, e della formazione salafita radicale Ahrar al Sham che si sono conclusi con la vittoria di Hts. Le sette uccisioni a sangue freddo perciò potrebbero essere una vendetta di Ahrar al Sham. Ma non è escluso un coinvolgimento dell’Isis che sta cercando di penetrare nella provincia di Idlib. E forse anche di Jund al Aqsa, il gruppo armato che controllava Sarmin prima di essere costretto a lasciare la città al più potente Hts.

Comunque sia andata, si aggrava la conflittualità tra queste formazioni che l’Occidente e Paesi arabi come Arabia saudita e Qatar avevano candidato a dominare la Siria e ad abbattere il presidente Bashar Assad. E la pesante sconfitta subita il mese scorso da Hts nel Qalamoun e ad Arsal ad opera dei combattenti del movimento sciita libanese Hezbollah, deve aver convinto alcuni gruppi che è il momento giusto per tentare la riscossa contro i rivali qaedisti. Ormai i jihadisti di tutte le origini si combattono ovunque nelle porzioni di territorio siriano che non sono state ancora liberate dall’esercito. In questo quadro pesa anche la guerra diplomatica ed economica che si fanno Qatar e Arabia saudita. Faylaq ash-Sham, che tra il 2014 e il 2016 è stato armato dagli Usa ed è ora sponsorizzato da Doha, dopo aver combattuto un po’ per tutti e su diversi fronti, ora è in guerra con Jaysh al Islam, finanziato dai sauditi. Intanto a Badiya, nel sud est, i clan sunniti armati Maghawir si stanno arrendendo in massa alla forze governative. E dell’Esercito siriano libero, la milizia dell’opposizione “moderata” appoggiata e finanziata dall’Occidente democratico, ormai non si hanno più notizie.