“In totale, riteniamo che le informazioni di Facebook condivise in modo improprio con Cambridge Analytica possano avere raggiunto un massimo di 87 milioni di persone – per lo più negli Stati Uniti”.

Lo ha scritto Mike Schroepfer, Chief Technology Officer di Facebook, nell’ultimo paragrafo di un post dove ha anche fornito aggiornamenti sulle modifiche che Facebook sta apportando per proteggere le informazioni degli utenti.

Non cinquanta milioni, ma 37 milioni in più: 87. Un dato clamoroso che permette di comprendere la vastità, e la gravità, della violazione del sistema della piattaforma organizzata dal team di Cambridge Analytica in vista dell’elezione a presidente degli stati uniti di Donald Trump.

Tutto è iniziato nel 2014 quando Alexander Kogan, ricercatore a Cambridge e a San Pietroburgo, ha creato l’app «This is your digital life» con la quale ha reclutato 270 mila utenti secondo le modalità note su mercati digitali come «Amazon Mechanical Turk». In cambio di 3/4 dollari (e 800 mila dollari di budget) queste persone hanno risposto a un quiz sulla personalità. Fondi messi a disposizione da un’azienda per cui Kogan ha lavorato: la Strategic Communication Laboratories. Cambridge Analytica, diretta fino a qualche giorno fa Alexander Nix poi dimissionato, è una sua costola. L’azione contestata è questa: Dai dati prodotti dalla forza lavoro di 270 mila persone si è risaliti ai loro «amici» su Facebook. E si è realizzato il «raccolto» di 50 milioni di profili, sostiene il «whistleblower» Christopher Wylie che, in realtà, in un’intervista al Guardian aveva già parlato di “60 milioni” di profili violati.

Ora sono 87. E non è escluso che siano molti di più. Questo «raccolto» è stato usato per profilare e raggiungere qualcuno di quei 40 mila votanti nei tre stati americani che hanno permesso a Trump di vincere le elezioni nel 2016. È la tesi di Mark Turnbull, direttore del ramo politico della Cambridge Analytica.

Non è solo una questione di numeri. Il fondatore della piattaforma Mark Zuckerberg ha confessato in un’intervista al Wall Street Journal: “I dati degli utenti Facebook non possono essere totalmente al sicuro”. Facebook analizzerà decine di migliaia di app che hanno collezionato i dati, lo sforzo potrebbe costare «molti milioni di dollari», ha detto Zuckerberg. «Come ogni misura precauzionale sulla sicurezza, questa non è una soluzione antiproiettile. Non è che ogni processo di per sé porta sempre a scoprire ogni singola cosa» ma fungerà da deterrente per fermare gli sviluppatori dal «fare cose cattive» e a capire quali dati sono stati abusati. «Il punto di quello che stiamo cercando di fare è rendere molto più difficile per chiunque abusare dei dati».

Una richiesta difficile perché una piattaforma pubblicitaria come facebook è fondata sullo scambio dei dati.

Nel frattempo è emerso un altro aspetto del sistema di monitoraggio applicato su Messenger, l’app di messaggistica caricata su quella del social network maggiore. Lo ha rivelato Bloomberg secondo il quale Facebook scansiona i link e le immagini che le persone si inviano reciprocamente su Facebook Messenger e legge le chat quando sono segnalate ai moderatori, assicurandosi che il contenuto rispetti le regole dell’azienda. In caso contrario, viene bloccato o rimosso.

L’azienda ha confermato la prassi dopo un’intervista pubblicata all’inizio di questa settimana con Zuckerberg che ha raccontato a Vox la storia di una telefonata sulla pulizia etnica in Myanmar. Facebook aveva rilevato persone che cercavano di inviare messaggi sensazionali attraverso l’applicazione Messenger. Facebook aveva rilevato persone che cercavano di inviare messaggi sensazionali attraverso l’applicazione Messenger, ha detto.

“In questo caso, i nostri sistemi rilevano ciò che sta accadendo”, ha detto Zuckerberg. “Fermiamo il passaggio di questi messaggi”.

L’azienda ha risposto che le conversazioni Messenger sono private, Facebook li scansiona e utilizza gli stessi strumenti per prevenire abusi come fa sul social network più in generale. Tutti i contenuti devono rispettare gli stessi “standard comunitari”. Le persone possono segnalare messaggi che richiedono un intervento dell’azienda. Il lavoro può essere svolto anche da strumenti automatizzati.

“Ad esempio, su Messenger, quando si invia una foto, i nostri sistemi automatizzati la scansionano utilizzando la tecnologia di corrispondenza fotografica per rilevare immagini di sfruttamento dei minori conosciute o quando si invia un collegamento, la scansionano alla ricerca di malware o virus”, ha detto in un comunicato una portavoce di Facebook Messenger. “Facebook ha progettato questi strumenti automatizzati in modo da poter fermare rapidamente i comportamenti abusivi sulla nostra piattaforma.”

L’11 aprile Zuckerberg sarà ascoltato dalla commissione per il commercio e l’energia della Camera degli Stati Uniti. I parlamentari Greg Walden e Frank Pallone, rispettivamente presidente e membro della commissione, hanno affermato che l’udienza “sara’ un’occasione importante per far luce sulle critiche questioni sulla privacy dei dati dei consumatori e aiutare tutti gli americani a capire meglio cosa succede alle loro informazioni personali online”.

Facebook sta lavorando per estendere solo lo “spirito” del nuovo regolamento generale europeo sulla protezione dei dati, noto come Gdpr, anche ai suoi utenti di altre parti del mondo. Tuttavia, le indicazioni europee non diverranno lo standard per il resto del globo, ha dichiarato Mark Zuckerberg ieri alla Reuters. Questo significa che gli utenti extraeuropei, a partire dagli americani, godranno di diritti e salvaguardie ridotte da parte della piattaforma. Il nuovo regolamento europeo sulla privacy – che stabilisce una serie di importanti protezioni per gli utenti – sarà applicato a partire dal prossimo 25 maggio. Apple ha dichiarato di essere pronta ad estendere gli stessi diritti previsti per gli europei agli utenti di altre parti del mondo. Facebook non sembra invece essere disponibile.

*** Chi ha vinto la prima guerra culturale su Facebook. E la prossima?
Lo scandalo Cambridge Analytica – l’uso di oltre 50 milioni di profili Facebook americani per condizionare l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016 – è stato inteso come una violazione della privacy degli utenti del social network più famoso al mondo. Lo è, ma questa è solo una parte del problema.