Facebook ha annunciato che non invierà più i suoi dipendenti negli uffici delle campagne politiche per offrire supporto in vista delle elezioni, a differenza di quanto aveva fatto finora, specialmente con Donald Trump nelle presidenziali del 2016.

Zuckerberg non è stato l’unico a offrire questo tipo di servizio: anche altri importanti venditori di annunci online, come Google e Twitter, hanno fornito assistenza dedicata gratuita per rafforzare i rapporti con i principali inserzionisti, dando un aiuto extra quando si è trattato di massimizzare la spesa pubblicitaria, il targeting e la messaggistica.

Questo tipo di supporto non è irrilevante in una campagna elettorale, come ha riconosciuto il responsabile della campagna per la rielezione del 2020 di Trump, Brad Parscale, che ha spiegato come proprio Facebook, due anni fa, abbia aiutato con i suoi consigli tecnici a trovare le strategie migliori per raggiungere gli elettori.

La società di social media nella sua carriera non ha lavorato solo per The Donald. Nel 2016 aveva offerto un supporto simile anche alla democratica Hillary Clinton, che però aveva declinato l’offerta, e nel 2012 si era occupato della campagna presidenziale repubblicana di Mitt Romney.

I tempi, però, sono cambiati: sapere che Facebook è stato un elemento chiave per l’elezione di Trump, non piace molto agli americani, per non parlare del fatto che, a causa delle indagini sul Russiagate, è diventata pubblica la notizia di presunti agenti russi che prima e dopo le elezioni del 2016 avevano acquistato negli Usa annunci politicamente divisivi, al fine di indirizzare l’afflato politico degli americani.

Le presidenziali del 2016 sono state indubbiamente la cosa peggiore mai capitata a Facebook e non sorprende che, con l’approcciarsi delle elezioni di medio termine del 6 novembre, la società stia facendo il possibile per segnalare di non voler ripetere la stessa esperienza da incubo che ha portato Zuckeberg a essere interrogato dal Congresso. A causa di ciò quest’anno Facebook ha lanciato un database consultabile di annunci politici e iniziato a chiedere agli acquirenti un’autorizzazione preventiva prima di pubblicare annunci con contenuti politici.

Con questa nuova mossa Zuckerberg è andato oltre e la sua società ha dichiarato di voler ritirare il tipo di aiuto fornito a Trump per gli annunci politici, in loco e di persona, già a partire dalle elezioni di midterm, per concentrarsi sulla fornitura di informazioni gratuite legate principalmente al tema della sicurezza, attraverso un sito web, politics.fb.com.

Nel comunicato la società non è stata molto precisa riguardo il nuovo modus operandi e ha aggiunto che i suoi dipendenti sono disponibili per rispondere alle domande e fornire una formazione di base su come usare le pubblicità sul social network. E non ha escluso la possibilità di alcuni incontri di persona, in futuro. Prevede comunque di mantenerli al minimo e di non visitare i quartier generali delle campagne con la stessa frequenza o offrendo supporto strategico, come per Trump nel 2016.

Le campagne pubblicitarie politiche si giocano sempre più online e, stando a uno studio dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill e della University of Utah, Facebook, Twitter e Google «vanno oltre la promozione dei loro servizi e facilitano gli acquisti pubblicitari digitali, dando forma alla campagna di comunicazione attraverso la stretta collaborazione con i membri dello staff politico. Le aziende tecnologiche sono motivate a lavorare nello spazio politico per il marketing, le entrate pubblicitarie e la creazione di relazioni al servizio degli sforzi di lobbying».