«Art, not therapy», (arte, non terapia) è uno dei concetti chiave della Candoco Dance Company, nome di riferimento british sull’incontro tra performer abili e diversamente abili, gruppo che da venticinque anni porta avanti con formidabile graffio la ricerca sull’arte inclusiva.

 

 

Il loro ultimo programma si compone di Face In, novità 2017 della israeliana Yasmeen Godder, e Set and Set/ Reset, progetto di ri-creazione di Set and Reset, capolavoro di Trisha Brown del 1983 su musica di Laurie Anderson, scene e costumi di Robert Rauschenberg.
Il dittico è andato in scena al Carignano di Torino per il festival Torinodanza, a ridosso del debutto al festival Oriente Occidente di Rovereto, legato al progetto europeo Moving Beyond Inclusion, di cui si è parlato a Torino nell’incontro Oltre i limiti. Ben Evans, direttore per il British Council di Arts & Disability, ha portato l’attenzione sui modelli caritatevole, medico e sociologico con cui ci si confronta con la disabilità, sostenendo insieme a Pedro Machado, direttore dei Candoco, la scelta di puntare a uno sviluppo professionale che affermi le diverse abilità attraverso la forza dell’arte.
Lo spettacolo ne è conferma. La scena di Face In si apre in un arcobaleno di colori, un danzatore al centro privo dell’ avambraccio sinistro. Un altro ballerà su una carrozzella, una danzatrice al posto di una gamba ha una stampella.

 

 

Godder lavora sull’individualità. Con i danzatori di Candoco non ha cambiato approccio, li ha fatti giocare con le proprie storie. Nel pezzo i corpi si intrecciano con possibilità inedite di contact: la relazione con la gravità varia da danzatore a danzatore. Ma come reagiamo, noi pubblico? Face In smuove interrogativi. Perché ci sentiamo spiazzati da una danza condotta da corpi che viaggiano con altre dinamiche dai nostri? Come reagire al nostro sguardo stupito di fronte a una danzatrice in equilibrio sull’unica gamba, la stampella dritta verso il cielo? Ci sembra non possa stare in piedi, eppure un corpo classico nella stessa posa su una gamba ci appare in bilico perfetto. Scherzi della percezione. Godder spinge i danzatori al grottesco, morsi, lingue tirate fuori dalla bocca da monelli dispettosi. E l’intreccio imprevedibile tra finzione e realtà scombussola il pubblico privandolo di certezze sull’identità di chi ha di fronte.

 

 

Ed ecco Set and Reset/ Reset: il pezzo di Brown è stato ri-creato da Candoco nel 2011 e nel 2016. Abigail Yager, della Trisha Brown Dance Company, ha fatto lavorare i danzatori sulla struttura della coreografia originale e su concetti come agire sull’istinto, visibilità e invisibilità, puntare alla semplicità.
C’è un margine di improvvisazione nella fedeltà alla struttura, ma i danzatori di Candoco, come diceva Brown, rispondono al «desiderio del corpo che imprime lo schema di ieri nel lavoro di oggi». La fluidità di Brown rinasce con diversi accenti. E il pubblico ne gode lasciandosi finalmente andare alla comprensione di una ricerca che apre feconde prospettive sulla natura della performance e dell’umanità.