Fabrizio Panecaldo, capogruppo dei consiglieri Pd a Roma, è vero che Matteo Orfini (e quindi Renzi) vi ha chiesto di dimettervi in blocco e di lasciare l’aula Giulio Cesare nel caso il sindaco Marino ritiri le dimissioni e si presenti per una verifica di maggioranza?
No, smentisco che sia stato un diktat imposto dall’alto. Lo abbiamo deciso autonomamente: c’è stato un ragionamento collettivo dei 19 consiglieri che hanno condiviso il nostro percorso, sia pure con tante amarezze. Persone senzienti che non usano parole vuote quando parlano di mancanza di fiducia.

E allora perché non votate una mozione di sfiducia?
Perché gran parte del lavoro fatto è stato anche grazie ai consiglieri. E quindi non voto contro il nostro stesso lavoro. Però la fiducia sul domani non c’è più. Nessuno ce lo ha imposto: abbiamo tratto le nostre conclusioni e a Marino diciamo: «Noi non ti sfiduciamo, caro sindaco, continueremo a tifare per questa amministrazione da semplici cittadini».

Non potete semplicemente spiegare in Aula i motivi che hanno portato alla rottura del rapporto?
Io ho a cuore Roma e il mio gruppo. E non voglio scrivere una brutta pagina in consiglio comunale.

La brutta pagina è il voto con Fratelli d’Italia o avete paura del voto segreto?
Vorrei evitare di dare man forte alle opposizioni – per fortuna non tutte – che hanno trasformato l’Aula Giulio Cesare in un circo anziché un luogo del confronto.

È vero che Orfini ha offerto ai consiglieri la possibilità di ricandidarsi?
Mettiamola così: come fai a dire ai colleghi, che hanno lavorato a testa bassa, che non possono ricandidarsi? E lo dico io che sono tra coloro che non potranno ricandidarsi perché ho già fatto cinque consiliature. Però sia chiaro: sono io che ho chiesto ad Orfini di incontrarci e lui ha accettato subito. Insieme abbiamo fatto il punto per valutare se qualcosa fosse cambiato e abbiamo convenuto che la sostanza non era mutata: si è logorato, anche per incapacità del sindaco, il rapporto con la città. Perché si è alzato troppo il livello dello scontro e si è abbassato il livello del confronto. Già a giugno, in 14 o 15 consiglieri avevamo chiesto al sindaco di cambiare fase e chi gli stava attorno. E gli avevamo chiesto di riattivare un canale politico con il gruppo consiliare per ragionare insieme sulle strategie per la città. Già allora eravamo disposti a dimetterci.

E infatti a luglio c’è stato un rimpasto di giunta e attorno al sindaco sono state messe figure di chiara fede renziana. Non è bastato?
Qualcosa è cambiato, ma no, non è bastato. Noi gli avevamo chiesto di cambiare non solo la giunta ma anche quelli che gli stanno attorno.

Faccia i nomi.
I suoi collaboratori più stretti: il capo gabinetto, Luigi Fucito, l’assessore Alessandra Cattoi…il cosiddetto cerchio magico, insomma.

La procura forse archivierà il fascicolo “scontrini”. Per voi il caso è chiuso o no?
Vedremo, mi auguro che si risolva, so che Marino è persona onesta. Ma se ci vogliono dieci giorni per trovare la verità, la questione diventa stucchevole. Il nodo però non è sugli scontrini: Marino non ha mai cercato un confronto con la maggioranza e non ha saputo farsi comprendere dai cittadini.

Ha avuto contro quasi tutti i gruppi editoriali, con un’amplificazione mediatica delle sciocchezze senza precedenti. E voi non avete nulla da dire?
Abbiamo vissuto due anni con i media contro, ma credo che anche Marino abbia responsabilità in questo. Per esempio: ripetere solo che abbiamo chiuso la discarica di Malagrotta ma senza riuscire a spiegare ai cittadini quale fase si stava aprendo, senza avvertirli che la pulizia della città sarebbe necessariamente stata più carente e quindi chiedere loro comprensione e contributi, è stato un errore tragico. Nell’immaginario collettivo la città appare più sporca di quello che è realmente. La comunicazione è parte integrante della politica. Anche all’interno della maggioranza.

Allora perché non lo avete fatto cadere su questo, anziché sugli scontrini?
Perché a luglio sembrava che ci fosse un cambio di passo, ma non c’è stato. Il sindaco si è chiuso in sé. Ma la politica è il luogo del confronto.

Marino è stato il peggior sindaco di Roma?
No.

È stato l’unico però che non è riuscito a finire la consiliatura.
Sì. Ma io l’ho sempre difeso, anche nei momenti peggiori. Solo che il mare è fatto di gocce. Mi auguro ora che il sindaco usi il suo buon senso e non ascolti coloro che vogliono aumentare ancora il livello del conflitto.

Nel giudizio sul sindaco siete in compagnia di una parte di Sel.
A me pare che la posizione di Sel sia un po’ schizofrenica. È inaccettabile il loro doppiogiochismo: per mesi ci hanno costretto ai salti mortali per tenere la maggioranza, e alcuni non chiedevano altro che di mandare a casa il sindaco. Ora ci ripensano. Noi ci mettiamo la faccia in questa storia, il Pd ha fatto quello che altri partiti non hanno fatto, ripulendo i circoli e voltando pagina. E io ho sempre lavorato solo per la coalizione, perché crediamo sia importante il ruolo della sinistra.

Con Sel stavate già lavorando al dopo Marino?
È ancora prematuro: siamo ancora in una fase dove il cuore sovrasta la testa.