Fabrizio Barca, la stupisce la demonizzazione in corso dello sciopero generale, da Confindustria al centrodestra?
Sono riusciti a stupirmi, incredibilmente: la reazione va al di là delle peggiori aspettative. Non sono neppure furbi. Se anche pensano, come si evince, che il confronto sociale acceso, il conflitto, è una cosa inutile e dannosa, potrebbero non dirlo in modo così sfacciato. È finita anche l’ipocrisia, e questo è un problema per la democrazia.

Perché?
Le critiche mosse alla manovra da Cgil e Uil sono forti e motivate. Si preferisce un confronto dietro le quinte a quello trasparente e pubblico? Non va bene. C’è una certa spavalderia nel modo in cui si mortificano gli strumenti della democrazia. E penso anche alle simulazioni di confronto che sono avvenute coi sindacati a palazzo Chigi.

Come valuta le posizione del Pd che si è detto «sorpreso» dallo sciopero?
La loro linea è: non si poteva andare oltre con una maggioranza così ampia. Difendono il loro operato: non condivido ma capisco. Io tuttavia penso che sugli anziani, sulle aliquote fiscali e sulle modifiche al reddito di cittadinanza si poteva e doveva fare di più. Anche con questo governo.

Draghi deve restare fino al 2023? Se si vota prima sono a rischio i fondi del Pnrr?
Sento l’urgenza di scelte radicali che il paese chiede. Non credo si debba decidere quando votare sulla base di presunte garanzie che un governo può dare nell’utilizzo dei fondi: è una mitologia. La macchina dello stato funziona ed è quella che conta. Semmai va rafforzata con una robusta iniezioni di giovani tramite concorsi.

Se ci fosse stato un governo di centrosinistra si sarebbe fatto di più nella manovra ? Ad esempio il governo Conte?
Sinceramente non credo. Penso al Pnrr, la cui gestazione è avvenuta, sotto il governo Conte, senza alcun ascolto della società civile. Mi pare che questo centrosinistra non abbia la fiducia in se stesso che lo renda in grado di fare cambiamenti radicali nel senso della giustizia sociale.

Eppure il Conte2 è stato definito uno degli esecutivi più a sinistra.
Vedo continuità con quello che sta facendo Draghi. Questa concezione dei soldi distribuiti a pioggia, senza un’idea di fondo e senza partecipazione, è propria della cultura conservatrice e stantia del neoliberismo che è penetrata nella pelle del centrosinistra. E del resto mi pare che il Pd di Letta sia consapevole di non avere nel suo carnet le necessarie proposte di emancipazione per una società sempre più disuguale. L’idea delle agorà nasce da questa consapevolezza: per individuare strategie efficaci e gruppi dirigenti rinnovati in grado di realizzarle bisogna adottare una modalità di ascolto e partecipazione innovativa.

Sono decenni che i partiti di sinistra fanno fumosi tavoli programmatici, gruppi di lavoro. Un rito che pare fine a se stesso. Sarà così anche stavolta?
Questo rischio esiste in tutte le sperimentazioni di nuova democrazia e viste negli ultimi 15 anni, a partire dai meet up del M5S. E questa è una della cause della crisi della democrazia che rischia di produrre derive tecnocratiche e autoritarie. Se le agorà produrranno 20/30 proposte puntuali di cambiamento da votare in rete sarà stato un successo. Noi come Forum delle disuguaglianze proponiamo consigli del lavoro e di cittadinanza, eredità universale per i 18enni e un’impresa pubblica europea per produrre vaccini.

Dunque parteciperete come Forum alle agorà?
Sì, lo faremo, mettendo a repentaglio in quel luogo inusuale le nostre proposte. Spero che ce ne siano tante altre, altrettanto caratterizzanti. Se finirà con enunciazioni astratte sarà un flop.

Cosa si aspetta dallo sciopero generale?
Mi augurio che, sentendo forte la voce del paese, il governo aggiusti il tiro su RdC e fisco. E poi mi aspetto che passi l’idea che si può tornare ad alzare la voce. Che è utile per la democrazia.

Eppure gli under 40, le generazioni più penalizzate dal precariato e dai bassi salari, sono silenti.
Hanno già mostrato il coraggio di mobilitarsi contro le guerre e per il clima, temi distanti dai loro interessi materiali. Sui temi sociali a mio avviso non vedono le condizioni perché una mobilitazione possa pesare. Sono molto più attivi a livello locale, nelle cose in cui possono mettere direttamente le mani. Alle ultime comunali abbiamo sostenuto come Forum una ventina di giovani candidati: sono rimasto stupito dai loro consensi, dalla capacità di raccogliere i voti di ragazzi come loro che hanno visto una reale possibilità di cambiamento.
Alcuni neoeletti nelle liste civiche di sinistra stanno pensando a un coordinamento nazionale. Forse a una lista per le prossime politiche.
Mi pare un’ottima idea, purché non si ossifichi immediatamente in una operazione elettorale: prima vengono i contenuti.

Perchè ha definito Draghi un conservatore?
Rappresenta l’idea che il paese non si possa cambiare, di rimettere le cose com’erano prima della pandemia. Ma non funziona, già prima c’erano contraddizioni troppo gravi, una rabbia sociale che si è manifestata con i voti a Trump, Salvini, Orban. Alle enormi disuguaglianze create dalla stagione neoliberista si ripara solo con un radicale cambiamento. Che purtroppo non è nelle corde del centrosinistra.

Letta l’ha capito?
Mi pare partecipe di questa consapevolezza che non si può andare avanti con questo livello di insostenibilità sociale, concetto che nel centro Europa è molto più diffuso che in Italia. Mi auguro che questa consapevolezza si traduca anche nel suo agire politico.

Ha ancora speranze sul fatto che il Pnrr possa migliorare la vita degli italiani?
Su alcuni temi sì: il ministro Bianchi ha ottenuto 1,5 miliardi contro la povertà educativa e la dispersione. Ci sono buoni progetti, i soldi possono fare la differenza. E credo anche che i comuni, che hanno buoni margini di spesa e in media una buona qualità di governo, possano raddrizzare la situazione e fare buon uso dei fondi europei.