Mauro Fabris, il vicepresidente di Strada dei Parchi, ha tentato di incontrare i 92 sindaci che stanno preparando la manifestazione a Roma il 19 settembre prossimo perché vogliono sapere cosa c’è scritto in quella concessione secretata dalla stessa holding dell’imprenditore abruzzese Carlo Toto, riguardante l’autostrada A24/25, che dovrebbe stabilire diritti e doveri della società, concessionaria fino al 2030. Ma questa volta sono stati loro a dire di no.

Dott. Fabris, cosa avrebbe voluto dire ai sindaci?
Intanto siccome dal terremoto di Amatrice ad oggi ci sono state circa 70 mila piccole scosse, dopo quella del Molise la preoccupazione cresce e perciò a breve faremo un incontro con i sindaci sul tema della sicurezza. Perché sul tema tariffe invece, noi che non siamo mai stati convocati dal ministero in un tavolo con i comuni, avremmo voluto spiegare le nostre ragioni. La prima è che per ogni euro che incassiamo, giriamo allo Stato e ad Anas 57 centesimi: non c’è nessun altro concessionario in Italia che paghi questa cifra. E questa è una cosa assai strana, perché dal 2013 la vigilanza sulle spese di manutenzione delle autostrade e sugli investimenti infrastrutturali è passata da Anas al ministero, ma noi continuiamo a pagare anche l’Anas.

Secondo i sindaci, il grosso del guadagno di Strada dei Parchi non sta nella gestione dell’autostrada ma nei lavori di manutenzione che vengono realizzati da altre imprese a chiamata diretta. È così?
Nel bando di gara europeo che abbiamo vinto nel 2003 insieme ad Autostrade per l’Italia c’era l’obbligo di fare i lavori in house. Sono le norme che prevedono che chi ha fatto la gara a monte non deve indirla a valle. Quindi siamo perfettamente in regola, come verificato dal ministero e dall’autorità anticorruzione. Inoltre, da allora, e dopo, da quando nel 2009 abbiamo liquidato Autostrade per l’Italia, la nostra società ha avuto un piccolo segno positivo sul bilancio solo l’anno scorso, di 3 milioni di euro, per il resto abbiamo viaggiato sempre in rosso. Anche per via del terremoto del 2009, e della crisi economica che ha cambiato i flussi di traffico.

Eppure è una delle autostrade più care d’Italia.
Non è vero, ce ne sono di più care. Comunque l’aumento del 2018 che ha innescato la reazione dei sindaci è dovuto al fatto che erano state bloccate le tariffe nei tre anni precedenti, con un danno per la società di 32 milioni di euro che ha mandato i bilanci in rosso, perciò il Tar Lazio ci ha dato ragione. Però è anche nostro interesse contenere gli aumenti tariffari. Solo che non è la parte che ci riguarda, quella da ridurre. E poi si dimentica sempre che l’autostrada non finisce alla barriera di Roma est, ma al Verano.

Ma converrà che dal Verano a Carsoli, almeno, non si può considerare autostrada di montagna, non più di quella per Napoli, ad esempio. E invece lo è.
Convengo, ma la classificazione, basata sul rapporto tra chilometraggio e dislivello, non l’abbiamo fatta noi. È il motivo per cui avevamo ipotizzato un progetto di varianti che abbassavano le quote e rendevano il percorso più sicuro in caso di terremoto. oltre a contenere i costi di manutenzione.

Un progetto che avrebbe sventrato ulteriormente l’Abruzzo. Ci state ancora puntando?
No, è morto e sepolto perché nel 2016 abbiamo aderito alla proposta di Delrio e abbandonato il piano della variante.

Perché la concessione è secretata?
Abbiamo detto all’attuale ministero che non abbiamo nulla in contrario a renderle pubbliche.

Il governo giallo-verde sta discutendo di ri-nazionalizzare la gestione delle autostrade.
Dal 2003 paghiamo 56 milioni di euro ogni anno allo Stato. Crede che lo Stato avrebbe avuto gli stessi utili se avesse gestito direttamente quel tratto?

Dunque cosa avreste risposto ai sindaci che chiedono di abbassare i pedaggi?
Che non ne usciamo finché non si discute il nuovo Piano economico finanziario, quello previsto dalla legge 228/2012, scritta dopo il terremoto dell’Aquila, che permette di sostituire i vecchi Pef redatti in sede di asssegnazione della concessione, in modo da adeguare l’infrastruttura alle norme antisismiche. Il nuovo Pef vale 3,1 miliardi di investimenti, è stato già approvato dal Mit e deve avere l’ok del governo e della Comunità economica europea. A norma di legge bisognerebbe cercare di contenere gli incrementi tariffari, ci ritroviamo invece a discutere perché il governo ha previsto un altro aumento di pedaggi di oltre il 3%, ma noi non siamo d’accordo.

L’anno scorso avete aperto numerosi cantieri, ora i viadotti sono antisismici?
No, su tutti i viadotti sono stati fatti interventi antiscalinamento, per evitare che in caso di scosse contenute si disallinei il piano viario, con conseguenze potenzialmente disastrose. Durante il terremoto dell’Aquila si erano formati gradini anche di 40 centimetri. Ora li abbiamo “imbracati”, con i 170 milioni stanziati, ma dobbiamo completare le Misure urgenti che il ministero ci ha ordinato per rendere la struttura davvero antisismica.

Misure che sono state già finanziate dallo Stato.
Sì, con ulteriori 250 milioni, in attesa del Pef, ma a partire dal 2022. Noi stiamo chiedendo di renderli disponibili da subito. Ma ci siamo quasi: abbiamo chiuso l’accordo col vecchio governo, e credo che a settembre ci sarà l’incontro col nuovo esecutivo, anche per affrontare il tema delle tariffe.