Shi Zhaokun aveva quindici anni. Lo scorso settembre ha iniziato a lavorare presso la fabbrica della Pegatron, a Pudong, l’isoletta di fronte a Shanghai che solo vent’anni fa era un ammasso di palude putrida e oggi è l’hub finanziario ed economico principale del paese. Un mese dopo Shi è morto di polmonite. Il suo decesso si è scoperto solo in questi giorni, a seguito di un report di una ong che si occupa del mondo del lavoro – ripresa perfino da tutti i media nazionali cinesi – secondo il quale negli ultimi mesi, sarebbero cinque i lavoratori morti a seguito dei turni di lavoro nella fabbrica che fornisce la Apple. Tutti deceduti per malattie che l’azienda – la Pegatron impiega circa 100mila lavoratori solo a Shanghai – si è premurata di non imputare alle condizioni di lavoro pessime all’interno della fabbrica. Sarà, ma in un mese Shi avrebbe lavorato almeno 280 ore, ovvero dodici ore al giorno, per sei giorni alla settimana perché c’erano da garantire le consegne. Ha lavorato come altri in ambienti malsani, poco ventilati e insicuri. I raffreddori di altri come lui sono diventati ben presto polmoniti mortali, in grado di colpire fisici giovani, ma resi deboli dai ritmi e dalle generali condizioni di lavoro. Shi Zhoukan, in teoria, per la Pegatron, altra azienda taiwanese che assembla gli Iphone come la più nota Foxconn, non poteva neanche lavorare: la legge sul lavoro in Cina proibisce ai minori di 16 anni di essere impiegati in fabbrica. Tant’è, la Cina è la patria della zona grigia, che sfrutta le ulteriori zone grigie delle esigenze del capitalismo globalizzato; tutte componenti che si ripercuotono anche nelle diaspore, come ha insegnato la recente tragedia di Prato in Italia.
Non solo, perché la morte di Shi pone in grave discussione il tanto decantato «sogno cinese» del Presidente Xi Jinping, perché il ragazzo è stato sicuramente attratto come tanti ragazzi suoi coetanei, dal sogno metropolitano di Pudong: guadagnare circa 700 euro al mese, una bella cifra anche a Shanghai, sentirsi ricchi, consumare, magari immaginarsi già in Ferrari o mettere qualcosa da parte e provare a «svoltare», magari diventando «padroncino». Shanghai e Pudong soprattutto, rappresentano il ventre più lussuoso del miracolo cinese, un antro nel quale pare che tutti i desideri, anche quelli più impensabili, si possano realizzare. La realtà però è ben diversa.
La Pegatron sostiene che Shi si sarebbe presentato con una carta di identità che indicava vent’anni, ma è ormai diventato un triste classico l’impiego di minorenni in Cina, specie da aziende che producono componentistica in cui si richiede tempo, velocità e una presunta resistenza a ritmi che diventano massacranti quando l’azienda madre, ovvero la Apple in questo caso, richiede produzioni rapide per le nuove uscite dei propri brand, che devono seguire il ritmo del marketing, delle presentazioni in sontuosi negozi, che nascondono i tragici loculi in cui vengono prodotti gli scintillanti prodotti.
La Apple ha rifiutato di commentare, mentre la Pegatron avrebbe già offerto la soluzione pratica, «alla cinese»: una compensazione economica alla famiglia, circa 12mila euro. Sulle cause della morte però, entrambe le aziende rifiutano di commentare, negando che possano trattarsi di «morte sul lavoro». Lo Shanghai Daily