Anche il senato, dopo la camera, affronterà la delicata questione dell’acquisto di nuovi F35. Dal partito democratico arrivano nette smentite del rinvio della discussione, di cui pure si era parlato negli scorsi giorni. Si svolgerà mercoledì 10 o giovedì 11, lo deciderà la riunione dei capigruppo di domani, compatibilmente con il fittissimo calendario d’aula che stamattina prevede l’inizio del dibattito sul ddl riforme.

Ma non per questo nella discussione del Pd a Palazzo Madama sta andando tutto liscio. La riunione dei senatori di ieri non è bastata per trovare una posizione unitaria, e si è dovuta riconvocare questo pomeriggio, con una quindicina di interventi ancora da pronunciare. «Auspico che anche al senato si possa raggiungere l’intesa di maggioranza già raggiunta alla camera», spiega al manifesto, «ma non prenderò contatti con il gruppo del Pdl per una eventuale mozione comune finché non avremo completato il nostro confronto interno». Il senato dovrebbe riproporre pari pari il testo votato da Pdl e Pdl a Montecitorio. Anche se fra quel voto e questo prossimo c’è stato in mezzo il pesante comunicato del Consiglio supremo di difesa, che – in implicita polemica con il testo della camera – rivendica per l’esecutivo la responsabilità «su decisioni operative e provvedimenti tecnici» riguardanti la scelta dei sistemi d’arma. Gli F35 non sono nominati.

Ma non è necessario sottolineare la tempestività della «monito» proveniente dal Colle (Napolitano presiede il Consiglio, in cui siede mezzo governo). «Oggi non si esce dal programma», ha spiegato la sottosegretaria alla difesa Roberta Pinotti ieri sul l’Unità, «dopodiché è chiaro che il parlamento resta sovrano ma sarebbe un blocco totale se l’operatività potesse essere ogni giorno discussa e frenata dal legislativo», in generale; «quanto allo specifico degli F35 il testo della mozione (della camera, ndr) è impegnativo per il governo e quindi le ulteriori acquisizioni seguiranno l’approfondimento fatto in parlamento». Insomma, per l’esponente Pd – proprio come per il ministro della Difesa Mauro – dal programma non si esce e «ulteriori acquisizioni» comunque ci saranno, con buona pace del «parlamento sovrano». Insomma, sotto il cielo democratico regna parecchia confusione.

Il Pd è stretto in una tenaglia. Da una parte deve ignorare l’avvertimento del Consiglio supremo, per non apparirne succube o intimidito. Dall’altra però deve contenere il dissenso del 18 firmatari della mozione scritta e depositata da tempo da Felice Casson, il senatore democratico che chiede la sospensione dell’acquisto dei caccia soprattutto per destinare altrove i 13 miliardi previsti negli anni al programma F35. Sul testo Casson, in teoria, potrebbero piovere i pochi voti di Sel e la valanga grillina. M5s però, va detto, non ha voglia di aprire le contraddizioni in casa Pd e punta piuttosto a compattare il governo delle larghe intese in un unico fronte bombardiero. In ogni caso, a ieri sera Casson negava l’intenzione di ritirare la sua mozione. «Del resto non me l’ha chiesto nessuno», spiega al manifesto. «Camera e senato dovrebbero seguire un indirizzo uniforme», spiega invece Zanda, negando l’intenzione del Pd di cambiare linea: né nella direzione ventilata dal Consiglio supremo né in quella del testo Casson. «Va bene il bicameralismo, ma per noi sarebbe bizzarro e difficile sostenere un cambio di rotta», è la conclusione.

Resta il dubbio, una volta passata la linea della «sospensione per approfondimento» già votata al senato, di cosa succeda realmente al programma, visto che il ministro e la sottosegretaria alla difesa sono così certi, a larga intesa, che «il programma va avanti».
Costi quel che costi. Ieri vendoliani e grillini hanno sollevato anche un’altra vicenda, quella dei Canadair, sollevata dal quotidiano Il Fatto: il governo, con un’altra larga intesa Pd-Pdl, avrebbe deciso di dimezzare i fondi destinati ai velivoli specializzati nello spegnere incendi e tutelare l’ambiente.