Con un sincronismo perfetto (con la visita di Obama) la ministra della difesa Pinotti e il capogruppo del Pd Speranza sono ieri scesi in campo per difendere gli F35. La prima, di fronte ai vertici dell’aeronautica, ha detto che in fondo non sono aerei cattivi, cioè che sono buoni; e il secondo ha dichiarato che non sono inutili, cioè che sono utili. Per le spese militari entrambi hanno parlato di «compatibilità economiche» e della necessità di ridurre gli sprechi. Tra gli sprechi evidentemente non ci sono i 14 miliardi di euro da spendere nei prossimi anni per 90 cacciabombardieri capaci di fare la guerra e di trasportare ordigni nucleari e che sono dal punto di vista economico e tecnologico dei veri e propri bidoni. Pesano troppo, devono atterrare al primo temporale, hanno un software che fa cilecca e il casco dei piloti è da buttare. I loro costi aumentano vertiginosamente anno dopo anno. La corte dei conti americana (il Government Accountability Office) ha detto che è un programma tutto da rivedere.

Invece, solo il 25 marzo scorso – contravvenendo alle mozioni parlamentari approvate nel giugno del 2013 che chiedevano la sospensione dei nuovi acquisti – il ministero della Difesa di F35 ne ha comprati altri due. A fine settembre ne aveva presi tre. C’era da aspettare la fine dei lavori di indagine della Commissione difesa sui sistemi d’arma prima di fare altri contratti, ma prima Mauro e poi Pinotti non ne hanno tenuto conto, con la scusa che le procedure erano state già avviate. La Commissione Difesa terminerà i suoi lavori mercoledì prossimo: c’è il documento dei deputati Pd che almeno chiede (e conferma) la sospensione di nuovi contratti per gli F35, ma evidentemente il capogruppo alla Camera di quel partito ha un’altra idea, come la ministra della Difesa.

Vedremo cosa succederà in un Pd in grande confusione e diviso: tra chi (e sono tanti) gli F35 non li vuole o li vuole significativamente ridurre e chi – il governo – invece pensa che siano buoni e utili. Solo poco più di un anno fa (in campagna elettorale) i leader del Pd dicevano che il lavoro viene prima degli F35 (Bersani) e che si tratta di un programma insensato (Renzi): ora quel partito non si sa che idea abbia, anche se – in contrasto con una parte significativa del suo gruppo parlamentare e con il senso comune del suo elettorato – sembra che la bussola della leadership stia tornando nuovamente ad orientarsi verso il sostanziale mantenimento del programma. Sarebbe una scelta disastrosa che avrebbe effetti laceranti sulla base sociale di quel partito.

Paradossalmente ha avuto più coraggio l’ex ministro della Difesa – militare e ammiraglio della marina – Di Paola nel ridurre con il governo Monti gli F35 da 131 a 90 che l’ex marciatrice di Porto Alegre e l’ex manifestante contro la mostra navale bellica di Genova – ovvero l’attuale ministra della Difesa – che non perde occasione per avvalorare tutte le peggiori scelte dei sistemi d’arma delle nostre Forze Armate.

Magari il governo e la maggioranza parlamentare tenteranno di rinviare la decisione finale per l’ennesima volta (utilizzando la stesura di un libro bianco da fare entro la fine dell’anno), mentre nel frattempo si continuerà a procedere a singhiozzo con nuovi contratti che permettono di andare avanti nella produzione fino al 2016. Oppure concederanno un contentino: qualche aereo in meno. Si tratta di una strategia dilatoria e comunque miope. Una scelta dannosa per l’Italia e ritenuta sbagliata dalla stragrande maggioranza degli elettori di sinistra e sicuramente anche dalla maggior parte del paese. Tra qualche settimana ci sarà una nuova mozione dei deputati pacifisti per lo stop agli F35: quella potrebbe essere l’occasione per cambiare strada. Possiamo ancora fermarci e destinare questi soldi al lavoro e a cause più buone e utili.