Presentata ieri alla Camera dei deputati la mozione di Sel che chiede la cancellazione del programma F35. La discussione è iniziata nel pomeriggio alla Camera e si concluderà con il voto tra mercoledì e giovedì della prossima settimana. Anche il M5S ha presentato una mozione analoga, mentre il Pd non ha ancora deciso (il deputato Amendola ha rinunciato ad intervenire in aula), diviso tra «linea Scanu» (il capogruppo Pd in commissione difesa che vuole il dimezzamento degli F35) e «linea Pinotti», la ministra che vuole il mantenimento del programma.
Si era già votato alla Camera nel giugno del 2013 ed era stata approvata la mozione di Pd-Forza Italia che rinviava ad una indagine conoscitiva la scelta definitiva, indagine che si è conclusa a maggio con un altro rinvio che rischia di prolungarsi alle calende greche: ora bisognerà aspettare per una decisione finale sugli F35 – secondo la Pinotti – la stesura finale del «libro bianco sulla difesa» che vedrà la luce solo nel 2015. Intanto la produzione continua: sono già 6 – ma secondo Sel sono invece 8 – i cacciabombardieri in via di assemblaggio nella base di Cameri. «Ma Renzi non aveva detto a San Rossore al raduno degli scout che gli F35 non sono uno strumento di pace? E allora sia coerente», ha ricordato Giulio Marcon, firmatario della mozione, alla conferenza stampa. E Michele Piras, di Sel, membro della Commissione della difesa ha ricordato: «I costi lievitano in continuazione. Siamo passati dai 12,6 miliardi dell’anno scorso ai 14 miliardi di quest’anno ed è inaccettabile». Un valore sicuramente impressionante. «In termini assoluti – ha ricordato il capogruppo di Sel Arturo Scotto – una mole di risorse finanziarie del tutto ingiustificata, a maggior ragione in tempi di crisi economica durissima».
I soldi degli F35 per i deputati di Sel, basterebbero a sbloccare il contratto dei lavoratori del pubblico impiego e a mettere in sicurezza le oltre 10mila scuole che hanno bisogno di interventi urgenti per rispettare le normative esistenti. Avevano detto che avrebbero portato 10mila posti di lavoro, poi 3mila, dopo 2mila. Invece non sono più di trecento: il ritorno occupazionale è bassissimo. «Sarebbe opportuno – ha ricordato ancora Marcon – aprire una consultazione online, che piace tanto al premier, per capire cosa ne pensano gli italiani: la bocciatura sarebbe sonora».
Intanto parte la mobilitazione e la campagna «Taglia le ali alle armi» (www.disarmo.org) ha lanciato le prime iniziative: raccolte di firme, manifestazioni, mail ai parlamentari. Si vedrà se Renzi avrà il coraggio di fare la spending review anche ai cacciabombardieri o se si piegherà agli interessi delle lobbies degli americani e delle forze armate. L’appuntamento è per la prossima settimana.

e. n

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