Numerosi sono gli strumenti con cui gli umani hanno cercato di prevedere il futuro. Nei secoli il volo degli uccelli, le viscere degli animali, il moto degli astri si sono prestati a letture che oggi ci sembrano fantasiose, ma che ai loro tempi erano accolte con la considerazione oggi riservata alle previsioni sfornate dai big data – e chissà che fra mille anni (ammesso la nostra specie esista ancora) la nostra attuale reverenza non appaia altrettanto ridicola.

Insolito ma per questo anche più interessante è il metodo di preveggenza messo a punto da Jürgen Wertheimer, docente di letteratura comparata all’università di Tubinga, convintissimo che a fornirci indizi preziosi per intuire quello che accadrà siano i testi letterari. Certo, sappiamo bene che Orwell in 1984 ha prefigurato l’ubiquità degli schermi contemporanei e che nel 1914 H.G. Wells ha descritto con largo anticipo la bomba atomica nel suo romanzo La liberazione del mondo. Ma, sostiene Wertheimer, a capire in ritardo quanto hanno saputo dirci gli scrittori siamo bravi tutti, mentre il punto è cogliere i segnali prima che gli eventi accadano.
Tanto certo è, il professore di Tubinga, della scientificità del suo sistema, che nel 2014 ha scritto una lettera a Ursula von der Leyen, allora ministra della difesa in Germania, per mettere le proprie teorie al servizio delle forze militari tedesche.

E a quanto pare von der Leyen ha preso la proposta sul serio, perché dopo diversi incontri al ministero, nel 2017 ha preso il via il Progetto Cassandra, i cui fasti – seguiti da una fine brusca (e forse da una reincarnazione) – sono stati raccontati sul Guardian da Philip Oltermann.
Per la verità, a dispetto della fiducia di Wertheimer e dell’appoggio ministeriale, l’idea di usare la narrativa contemporanea per prevedere scontri e sommovimenti politici ha suscitato un certo scetticismo.
Da un lato, scrive Oltermann, «l’università di Tubinga ha rifiutato di essere coinvolta nel progetto, lasciando che l’iniziativa fosse gestita dal Global Ethic Institute, un ente indipendente creato dal pensatore cattolico dissidente Hans Küng». Dall’altro, commenta oggi Isabelle Holz, che con un paio di altri ricercatori ha affiancato Wertheimer nel progetto, «la gente pensava fossimo pazzi».

Ma anche nel gruppo di lavoro non sono mancati i dubbi: pure prendendo per buone le capacità divinatorie di scrittrici e scrittori, come districarsi tra migliaia di testi perlopiù scritti in lingue non padroneggiate dagli audaci studiosi?
Wertheimer e i suoi hanno deciso allora di adottare un altro approccio, analizzando quella che definiscono «l’infrastruttura letteraria» (la ricezione di titoli significativi, i premi, le censure) e chiedendo aiuto agli stessi scrittori – fra loro il Nobel nigeriano Wole Soyinka, prodigo di consigli e contatti – oltre che alla piattaforma Preview (acronimo per Prediction, Visualisation, Early Warning) coordinata a Monaco da Carlo Masala, studioso italo-tedesco di politica internazionale. Con risultati notevoli: fedele al suo nome, il Progetto Cassandra ha previsto uno o due anni prima il conflitto in Azerbaigian e le proteste che in Algeria hanno portato alle dimissioni di Bouteflika.

E tuttavia nell’inverno 2020 il progetto è stato chiuso: colpa della pandemia o forse – come ipotizza un anonimo funzionario citato da Oltermann – «Cassandra avrebbe messo in luce i costi ben più alti dei programmi basati sui big data»?
Wertheimer non commenta, anche perché il governo tedesco gli ha commissionato uno studio sugli effetti della riunificazione e in parallelo si parla di riaprire il programma a Bruxelles sotto l’ombrello europeo. In fondo a Cassandra, quella vera, era andata peggio.