In ginocchio da te. La riuscita dell’Expo di Milano a questo punto dipende da Roma. O meglio da Renzi. Dopo gli arresti dei veterani di Tangentopoli, Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, ma soprattutto del direttore generale dei lavori Angelo Paris, la “capitale morale” ha dimostrato di non essere in grado di gestire l’evento su cui ha puntato tutto. Il presidente del Consiglio dal canto suo non ha mai mostrato particolare interesse per la manifestazione come invece aveva fatto Enrico Letta, eppure sarà lui a dover cercare di risollevare la baracca dopo l’ennesimo scandalo che questa volta lambisce anche ambienti affaristici vicini al suo Pd. Dovrà garantire soldi che non ci sono e prendere in mano una situazione ormai fuori controllo. Renzi sarà a Milano martedì prossimo e ieri ha rassicurato: “Expo è un appuntamento importante che difenderemo. Sarà un successo per l’Italia”. Metterci la faccia, però, è sempre più rischioso. Il primo a chiedere coperture è il commissario Giuseppe Sala che l’altra sera era quasi in procinto di gettare la spugna, o almeno così ha fatto credere.
Ieri mattina a Palazzo Marino si sono incontrati il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il governatore della Lombardia Bobo Maroni. All’unisono hanno riconfermato la massima fiducia a Sala e gli hanno chiesto di restare al suo posto. “Sala è stato ingannato da una persona che non ha nominato lui ma che ha ereditato – ha detto Pisapia riferendosi a Paris – si è fidato di una persona che fino a un certo punto ha lavorato per Expo. Poi è diventato un po’ un servo di un potere occulto che lavorava contro Expo nell’illegalità”. Sia Maroni che Pisapia non nascondo che la situazione è “delicata” e che gli arresti sono stati “un duro colpo”. Lo ammette lo stesso Maroni: “Non è stato arrestato uno qualsiasi, ma il direttore dei lavori, quello che governava tutto”. Per uscire da questo vicolo cieco entrambi attendono la visita di Renzi. Nel frattempo Sala dovrà nominare di corsa il sostituto di Paris. Il nome è già stato deciso ed è bene, sostengono sindaco e governatore, che non “faccia parte dell’ambiente”, come se fossero consapevoli che bisogna cambiare aria. Sala però non si tocca. “Chi è al comando resti al comando”, spiega il sindaco. Con il governo sarebbe già stata decisa anche la figura di super direttore dei lavori e la task force che dovrebbe garantire il rispetto dei tempi.
Renzi martedì si troverà di fronte una situazione disastrosa. Sono fuori gioco colpiti dalle inchieste, l’ex direttore di Infrastrutture lombarde, la grande holding creata da Formigoni per gestire gli appalti della regione, il direttore dei lavori sulla piastra del sito espositivo, Alberto Porro, anche lui di Infrastrutture Lombarde. E’ agli arresti Paris, il vice di Sala, ma anche l’imprenditore Enrico Maltauro. La sua impresa di Vicenza ha vinto l’appalto per costruire gli edifici di Expo, sono le uniche strutture che appaiono in costruzione a chi visita il sito di Rho-Pero. Molte delle opere connesse all’evento non saranno finite in tempo, dalla metropolitana a Pedemontana, ai canali delle vie d’acqua finiti sotto le grinfie della “cupola” bipartisan di Greganti e Frigerio. Basta che il prossimo anno piova un po’ di più e altri cantieri potrebbero non riuscire a terminare i lavori. E nessuno può essere certo che le inchieste della magistratura finiscano qui, nonostante le rassicurazioni espresse in proposito dal procuratore capo di Milano Bruti Liberati. Pisapia anche ieri ha fatto capire che “se si è arrivati a questa indagine è anche perché in silenzio sono state fornite alla magistratura tutte le informazioni, le notizie e di dubbi che c’erano”. Come dire: “Ho fatto quello che ho potuto per cambiare le cose sottotraccia senza fermare la macchina”. Ma ormai la macchina perde colpi eppure deve vincere una disperata corsa contro il tempo. Non solo bisogna completare le opere, ma anche riuscire a fare Expo prima che tutto l’assetto politico ed economico trasversale che ha governato Milano e mezza Italia crolli su se stesso. Non regge più, ma almeno per un anno chiede di essere tenuto a galla perché non lo si può cambiare in corso d’opera. E’ questo il ricatto di un sistema corrotto e al tramonto di cui però non si può ancora fare a meno. Pena una figuraccia mondiale.