Tre foglietti di carta in mano per leggere un discorsetto di qualche minuto. Dopo lunghe ore d’attesa ieri sera il governatore lombardo Bobo Maroni si è presentato davanti al consiglio regionale che lo attendeva al varco. Doveva riferire sugli arresti che hanno decapitato Infrastrutture lombarde, ma soprattutto doveva riuscire a convincere che Expo è salva e che questa sarà l’ultima volta che La Lombardia verrà scossa dall’ennesima inchiesta della magistratura. E invece ha solo ripetuto il solito ritornello degli ultimi giorni e ha fatto di tutto per cercare di circoscrivere anche questa vicenda. Come se fosse limitata alla passata gestione di Formigoni, a poche persone e a alcune specifiche e residuali gare d’appalto che nulla hanno a che vedere con l’esposizione universale del 2015. Tutto condito da abbondante uso del condizionale appellandosi continuamente alla “presunzione di innocenza”. In concreto non ha annunciato alcun provvedimento deciso, solo una commissione d’inchiesta interna, e ci mancherebbe altro, e l’istituzione di un concorso pubblico per sostituire fuori tempo massimo l’ex direttore di Infrastrutture lombarde Antonio Rognoni, ormai finito a San Vittore.

“Ho impostato la mia giunta su legalità e trasparenza – ha esordito Maroni – faremo chiarezza ma ho il dovere di portare a termine i lavori di Expo. La Regione in questa vicenda è parte lesa. Da parte nostra non ci sarà nessuna copertura di illeciti”. Poi il governatore ha annunciato di non voler smobiltare Infrastrutture lombarde, anzi ha detto di aver fatto visita ai dipendenti della holding. Li ha trovati “scossi per quello che è successo nei giorni scorsi” e li ha rassicurati. Tutto qui.
Le opposizioni invece ieri si erano presentate in Regione al mattino presto. Il Movimento 5 Stelle ha chiesto le dimissioni di Maroni e del presidente del consiglio regionale Cattaneo, ex assessore alle infrastrutture della giunta Formigoni. Il Pd invece ha chiesto una commissione consigliare per poter mettere in discussione tutto il sistema delle partecipate che in questi venti anni hanno assunto un ruolo enorme difficilissimo da controllare e da gestire da parte di qualsiasi autorità politica. E’ come se questo sistema costituisse il nocciolo duro di ciò che rimane dell’era Formigoni senza però più una forte guida politica. Lo ha spiegato nella sua replica al governatore il candidato perdente del centrosinistra contro Maroni, Umberto Ambrosoli. “Lei ha avuto paura della discontinuità, non ha avuto il coraggio o la forza di cambiare degli uomini che considerava insostituibili”. Ambrosoli ha ricordato come fosse chiaro a chiunque avesse avuto la voglia di vedere che gli arresti erano nell’aria da tempo. Infrastrutture lombarde era stata perquisita già nell’ottobre 2012. “Lei – ha detto al governatore – non ha fatto né pulizia né prevenzione. Non ci voleva una talpa in procura per prevedere quello che poi è successo, bastava non essere ciechi come le talpe. E questa non è una questione solo giudiziaria ma di precise responsabilità politiche”.

Ancora più chiara è stata la capogruppo del Movimento 5 Stelle Silvana Carcano la quale ha ricordato una lunga serie di denunce fatte dal suo gruppo in consiglio e nelle commissioni e rimaste lettera morta. Ha snocciolato nomi e cognomi. E non ha mancato di far notare quante volte il Pd li avrebbe lasciati soli. Qui sta tutta la differenza tra le due opposizioni. L’M5S, irresponsabilmente o coerentemente, non ha paura di mettere in difficoltà la corsa verso Expo, tutti gli altri sì. E in effetti nessuno ormai si può più permettere che la gigantesca macchina che è stata messa in moto a livello mondiale si fermi a un passo dal traguardo. Ma la fiera è davvero a rischio e non certo solo per colpa della magistratura. Adesso tutti aspettano che Obama in visita a Roma salvi la baracca annunciando la partecipazioni degli Usa all’evento. E se si mobilità anche mister president cosa vuoi che sia un’altra inchiesta della solita procura.