Otto ragazzi su dieci sotto i 29 anni, selezionati dall’agenzia interinale Manpower, hanno rifiutato una delle 735 posizioni di lavoro all’Expo stabilite nell’accordo sindacale firmato da Cgil, Cisl e Uil del 23 luglio 2013, quello che ha legittimato per la prima volta il lavoro gratuito in Italia. La notizia è apparsa ieri sul Corriere della sera e ha scatenato un vespaio. Secondo quanto riportato da Manpower, i giovani contattati avrebbero rifiutato tutti uno stipendio da (oltre) 1300 euro al mese comprensivi di tre turni da 8 ore ciascuno, disponibilità 24 ore su 24, weekend inclusi.

Morale: Elsa Fornero, ministro del lavoro del governo Monti, avrebbe ragione: i giovani italiani sono «choosy», «schizzinosi». Rifiutano 1300 euro di stipendio di questi tempi. Forse perché si preparano ad andare in vacanza e non a lavorare in uno dei seguenti profili: «operatore Grande Evento», «specialista grande Evento» (298 posizioni), «tecnico sistemi di gestione Grande Evento» (59 posizioni), Area team leader (296), nello «Communication & Social Network – Youth Training» (8 posizioni) o nello «Youth Training Program» (153 posizioni). «Certo c’è un pò da stupirsi – ha commentato l’Ad Expo Giuseppe Sala – Il periodo è estivo e il fatto di non potere fare vacanza sembra essere il fatto più ostativo all’accettazione della nostra proposta. Non abbiamo problemi perché abbiamo delle liste lunghe, ma ci siamo meravigliati un po’ della cosa». Contro i «bamboccioni» si è espresso Aldo Grasso in un video-editoriale sul Corriere.it con toni particolarmente minacciosi: «C’è una generazione – ha detto – che non è stata ancora abituata al lavoro, anche al lavoro estivo, ma credo che dovrà imparare presto».

Una volta pubblicata, la «notizia» ha fatto il giro del web (e delle tv). Questa diffusione ha permesso anche ai presunti «choosy» di venire allo scoperto. La loro realtà è diversa, e molto più complessa. E la tesi di fondo della comunicazione ufficiale non è vera. La testimonianza più «cliccata» è stata quella di una ragazza torinese, Mapu, sulla pagina facebook dell’Huffington post. Il 10 aprile scorso, racconta, le è stato comunicato di avere superato la selezione per uno degli otto posti da «Communication & Social Network». Si tratta di uno stage da 500 euro per sei mesi. Al telefono un addetto Manpower le promette di inviarle la graduatoria ufficiale il giorno successivo. Poi più nulla.

Viene richiamata il 16 e apprende che la formazione sarebbe iniziata il 21 successivo, poi spostata al 22. Mapu ha fatto un calcolo: da Torino fino a Rho, dove ha sede l’Expo, un abbonamento a treni e mezzi costa 350 euro. «Ho rifiutato – scrive – perché con 150 euro al mese non mangio, perché non mi sembra serio questo processo di selezione (e in generale la gestione dell’Expo in toto) e perché ho la fortuna di avere un lavoretto e non posso mollarlo dall’oggi al domani».

Il «lavoretto» è un impiego in un call center. Laureata triennale, con un master in «beni culturali e industrie culturali e creative», in un’intervista al sito qelsi.it Mapu ha sostenuto: «La posizione per cui mi sono candidata è davvero il sogno nel cassetto, ma a un certo punto devo decidere se mangiare oppure no. Ciò che ha fatto cadere l’ago della bilancia però è stata la poca serietà da parte di Manpower: Avrei accettato anche prendendo uno stipendio da fame e facendo turni massacranti ma se le selezioni sono state così poco serie, cosa mi posso aspettare dall’esperienza in sé?». Da questa testimonianza emerge che gli stagisti all’Expo non hanno il rimborso spese e dimostrano di essere disponibili a svegliarsi «alle 5 di mattino, tornando alle 10 di sera». Il lavoro può essere duro, ma non a 150 euro al mese (forse). Tutto il contrario di quanto sostiene la campagna «anti-choosy».

Il caso di Mapu riguarda gli stage, e non i 406 contratti di apprendistato previsti. Anche su questo è spuntato un racconto. Andrea, neo-laureato, 24 anni, si è raccontato a Vita.it. Gli è stato proposto un contratto a termine da 1.300 euro. «Ho preferito – ha detto – un contratto meno vantaggioso economicamente ma più duraturo, che mi insegni veramente un mestiere e con degli orari normali». «La verità – ipotizza Andrea – è che hanno completamente sbagliato la proposta contrattuale. Non hanno fatto uno studio di settore. Si rivolgono ad una platea che non può accettare un simile impegno». Il problema è il mancato «allineamento» tra la proposta di lavoro, i bisogni dei candidati e la retribuzione. In altre parole: la ricerca di un lavoro degno.

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I dati: Il 23 luglio 2013 Cgil-Cisl Uil hanno firmato un accordo con Expo spa un accordo sull’occupazione. Su 735 persone, 406 sono apprendisti (media di 26 anni per 1.300 euro), 247 «team leader» (media 36 anni, 1.700 euro), contratti a termine, e 82 stagisti (previsti 195) con un rimborso di 500 euro «come da accordo sindacale» comunica Manpower. Poi ci sono i «volontari». Non inquadrati nella relativa legislazione (come i 140 che dipendono da Expo), lavorano gratis per un evento commerciale. Previsti 18500. Saranno 7500, su 17 mila candidature ricevute. Si cercano ancora “800 posizioni” per Expo, aggiunge Manpower in un comunicato diffuso in serata. Rispetto alla notizia del CorSera il tasso degli abbandoni sarebbe di “quasi 1 su 2”. e non “8 su dieci”. In ogni caso alto. Le cause: Manpower le addebita alla “lunghezza della procedura”. Un auto-critica? O uno scarso coordinamento con la megamacchina dell’eventone? Forse entrambe le cose.

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La denuncia: «Il lavoro gratis all’Expo è illegittimo»

L’esposto all’Ispettorato del lavoro di Milano dell’associazione «Forum Diritti lavoro». Per i giu­ri­sti l’accordo del 23 luglio 2013 siglato con Cgil, Cisl e Uil viola la legge sul volon­ta­riato e quella sul divieto di inter­po­si­zione ille­cita di manodopera.

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Il libro:

Economia della promessa: un libro contro il lavoro gratis, in uscita con Il Manifesto il 30 aprile, in edicola e in libreria

Raccoglie le inchieste sul lavoro gratuito. A cominciare dallincredibile storia sull’accordo sul lavoro gratuito all’expo di Milano che inizia il primo maggio.