Il governo punta al rinvio. Ma bisognerà fare i conti col giudice Claudio Marangoni.
Lontani anni luce da trovare un accordo con Arcelor Mittal per far ripartire l’ex Ilva, il governo – tramite i commissari – cercheranno di avere più tempo. Alle 9,30 si terrà l’udienza al tribunale civile di Milano. Il procedimento è sul ricorso d’urgenza – e qua c’è giù un controsenso – che i commissari ex Ilva presentarono contro il recesso dal contratto presentato da Arcelor Mittal.
Toccherà quindi al giudice Marangoni stabilire se far partire subito la guerra giudiziaria per la fuga dall’Italia di Mittal oppure concedere tempo perché le parti trovino un accordo.
In teoria lo scorso 27 novembre il giudice Marangoni, dopo la decisione di Mittal di garantire «il normale funzionamento degli impianti e continuità produttiva» e la disponibilità a trovare un accordo – aveva accordato un rinvio al 20 dicembre spiegando però che senza un accordo si sarebbe discusso il ricorso e avrebbe preso una decisione.
Lunedì sera – allo scadere dei termini – a sorpresa Arcelor Mittal ha depositato una memoria durissima per replicare all’amministrazione straordinaria. Nella memoria si chiedeva anche l’estromissione dal procedimento dei pm milanesi che indagano per «distrazione dei beni» per lo svuotamento del magazzino di Taranto. La Procura si opporrà ma chiederà anch’essa un rinvio per depositare le sue repliche.
L’esito più probabile è dunque un rinvio breve – verosimilmente per la metà di gennaio – anche in attesa della decisione del tribunale del Riesame di Taranto – udienza fissata per il 30 – sullo stop all’altoforno 2.
Intanto a Taranto i sindacati denunciano i licenziamenti per 20 giovani addetti al servizio di assistenza post vendita ai clienti. E a Genova la Fiom avverte: «Chi tocca uno di noi tocca tutti e se questo dovesse succedere scenderemo in lotta e manifesteremo nella città».