Una convocazione al ministero in fretta e furia per evitare che gli operai di Taranto in sciopero salissero oggi a Roma e manifestassero davanti palazzo Chigi. La minaccia dei sindacati tarantini espressa al prefetto ha costretto ieri il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli a incontrare Fim, Fiom, Uilm e Usb sulla infinita vertenza Arcelor Mittal, ex Ilva. Senza la presenza dell’azienda però Patuanelli non poteva andare oltre a promesse. «È necessario intervenire garantendo sostenibilità ambientale, economica e sociale», ha esordito Patuanelli, spiegando che il consulente per il dossier Francesco Caio (da poco nominato presidente di Saipem) e l’ad di Invitalia Domenico Arcuri (impegnatissimo come commissario all’emergenza Covid) «stanno portando avanti la trattativa ponendo come punti fermi la piena produzione alla fine del piano e necessità di investimenti anche privati». Secondo Patuanelli, nelle prossime settimane si concluderà la due diligence di Invitalia finalizzata coinvestimento in Arcelor Mittal. Serviranno almeno 3 miliardi per modernizzare Taranto: di certo non basterà il fondo europeo Just Transition Fund.
Dall’altra parte però c’è Arcelor Mittal con Lucia Morselli che continua a mettere in cassa integrazione addetti. Per tutte queste ragioni i sindacati sono al limite della sopportazione. «Quello che serve ora, piuttosto che evocare scenari, è concentrarsi sulle responsabilità presenti di governo e Mittal – attacca Gianni Venturi della Fiom – . C’è una situazione di abbandono che mette in discussione la sicurezza di chi lavora. È necessario avviare una trattativa vera, non possiamo essere informati da terzi».
Dopo gli sfoghi dei sindacati la riunione si è conclusa con l’impegno di Patuanelli a convocare Morselli – ieri sera si è negata al telefono – al Mise entro la settimana, un tavolo tecnico coi sindacati per lunedì, una trattativa sul piano industriale coi segretari generali di Fim, Fiom e Uilm e i commissari Ilva dai primissimi giorni di ottobre. Basterà agli operai in presidio a Taranto?