Il Senato ha votato ieri la fiducia al governo al decreto «salva-imprese» con 168 voti a favore e 110 contrari. Entro il 3 novembre questo omnibus pieno di norme che si occupano dei rider, della Whirlpool, ex-Ilva, la proroga delle graduatorie nella pubblica amministrazione fino alla stabilizzazione dei precari dell’Anpal o l’«end of waste» dovrà essere convertito in legge. Nelle ultime ore si è anche discusso di una norma che mirava a convertire l’Associazione italiana alberghi per la gioventù in ente pubblico che ha creato uno scontro nel movimento 5 stelle perché il segretario nazionale di questa no profit è Carmelo Lentino, un collaboratore del viceministro dell’Economia Laura Castelli. Alla fine la norma è stata ritirata. Uno dei problemi urgenti per il governo riguarda la situazione delle acciaierie ex Ilva, oggi Arcelor Mittal. Nel decreto è stato approvato l’emendamento Cinque Stelle soppressivo dell’articolo 14 con lo scudo per i manager. Su questo è stato approvato un ordine del giorno Pd-Iv-Autonomie a tutela del sito siderurgico sul quale si è impegnato in aula il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

UN CARTELLO con la scritta «Ilva» è stato innalzato dai senatori della Lega presenti i al Senato durante la discussione per protestare contro l’abrogazione dello scudo penale. A pesare sulla discussione sono le voci sui cinquemila esuberi tra i lavoratori. Salvini ha annunciato di volere fare le «barricate». Una dichiarazione che ha sollevato polemiche. «È stato al governo fino a poco fa – ha detto la segretaria della Fiom Cgil Francesca Re David – e non ha difeso i posti di lavoro. I lavoratori sono gli unici che possono fare la barricate. La Fiom è pronta alla mobilitazione. Non è ammissibile leggere sui giornali le intenzioni dell’azienda di cancellare l’accordo del 6 settembre del 2018 e quindi il piano industriale e ambientale concordato». Sull’ex Ilva «è importante, a questo punto, che il governo convochi rapidamente il tavolo perché ognuno si deve assumere le proprie responsabilità – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini – Deve essere chiaro al governo come a Mittal – ha proseguito- che noi abbiamo firmato un accordo e quell’accordo va rispettato in tutte le sue parti: il che vuol dire che non ci sono né esuberi né ritardi sugli investimenti da fare». Per la leader della Cisl, Annamaria Furlan, si rischia di «compromettere il piano». Carmelo Barbagallo della Uil si è detto «molto preoccupato».

A Taranto la situazione è tesa dopo il voto al Senato che toglie lo scudo penale per Rocco Palombella, segretario della Uilm. «Si è innescato un processo di paura da parte dei lavoratori che hanno la responsabilità della gestione, che devono firmare documenti o impartire ordine. Sono i capisquadra, i capireparto, i capiturno. Non i vertici. Chiedono di essere esonerati da responsabilità. E così parte una reazione a catena che inesorabilmente porta al fermo».«La prospettiva di licenziare 5mila persone, più del 50% dei lavoratori dell’Ilva, creerebbe un disagio sociale di enormi proporzioni. La politica deve intervenire perché la proposta della decarbonizzazione è giusta e positiva, però deve essere seguita da provvedimenti adeguati che non permettano la riduzione dei posti di lavoro» ha detto l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro.

I TEMPI sono molto stretti: mancano meno di 9 giorni al 3 novembre, quando la legge di conversione del decreto «salva-imprese» entrerà in vigore e le immunità legali, legate all’attuazione del piano ambientale, decadranno. Al momento nessuna soluzione è certa: si parla di ripristinare lo «scudo» in modo da evitare l’ostilità dei Cinque Stelle, finanziare la riconversione senza incorrere nella procedura contro gli aiuti di Stato. C’è l’ipotesi di aprire un tavolo istituzionale per rivedere l’accordo con i soggetti interessati. La vita dei quasi 11 mila dipendenti ex Ilva, e degli altrettanti dell’indotto, è aggrappata a queste ipotesi.

LE SEGRETERIE nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno indetto uno sciopero generale di due ore dei metalmeccanici giovedì 31 ottobre per chiedere al governo e alle imprese una svolta nelle politiche industriali per affrontare e dare soluzione ai circa 160 tavoli di crisi aziendali aperti al ministero dello Sviluppo Economico.