Addio Pdl, si torna a Forza Italia, partito personale della famiglia Berlusconi fatto di avvocati del capo, fedeli amazzoni e pretoriani. Gli ex forzisti rimasti in sella tornano alla vecchia griffe. Ma che fine fanno gli ex An, ovvero un’intera classe dirigente di postfascisti sdoganata e traghettata al potere dal Cav, che rischia di scomparire senza più poltrone, case e cassa (la fine già fatta da Fini e i suoi)?

La scelta vincente potrebbe essere stata quella di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa: un soggetto di una destra “presentabile”, Fratelli d’Italia, all’opposizione dell’unità nazionale ma pronto a rifare alleanze con il Cavaliere dopo la scissione morbida e concordata dello scorso anno. Così il partito della pasionaria nera potrebbe diventare l’approdo della diaspora dei nipoti di Almirante in cerca di casa e poltrone, con le europee alle porte. Ma Meloni mette le mani avanti: «Non mi appassiona la querelle intorno alla riedizione di An, operazione speculare in linea con il revival inaugurato da Berlusconi. Né mi convince la realizzazione di un’inquietante “cosa nera”, come hanno affermato diversi giornalisti, evidentemente appassionati di film horror». La destra che ha in mente «non sarà mai un articolo vintage appeso alla bancarella dei nostri ricordi».
Gianni Alemanno, dopo la batosta romana, è andato a caccia di consolazioni a via dell’Umiltà. Nulla. Così l’ex sindaco si è acconciato a fare il capo dell’opposizione in Campidoglio. Per alcuni giorni si è parlato di un suo ingresso in Fratelli d’Italia.

Nel frattempo si è presentato a Palazzo Grazioli alla manifestazione pro Cav, non prima di aver lanciato, tramite la sua Fondazione Italia Nuova, il manifesto per un “Nuovo centro destra”, firmato da più di cento tra dirigenti locali e amministratori, per recuperare quella parte del Pdl che rischia di disperdersi: «Crediamo – dice l’appello – che ci sia un altro progetto da perseguire: quello di una aggregazione dalla base, dalla comunità e dal territorio, che dia vita ad una nuova componente del centrodestra, diversa e potenzialmente complementare rispetto a quella che potrà essere rappresentata da un ritorno di Forza Italia». Un soggetto che permetta a Alemanno di trattare con i Fratelli d’Italia in vista delle europee.
Sullo sfondo delle grandi manovre alla destra del Cavaliere c’è anche la tormentata Fondazione Alleanza Nazionale, la “cassa” della destra italiana con un tesoretto di 400 milioni, decine d’immobili comprese, guidata da 14 saggi tra cui Gasparri, Alemanno e La Russa, Matteoli. Se i colonnelli tornassero tutti nello stesso esercito, e la porta si aprisse anche agli ex finiani, il patrimonio degli eredi di An potrebbe essere investito senza polemiche in un progetto politico erede legittimo e “unico” dell’Msi.

Tifoso della “cosa nera”, il segretario della Destra Francesco Storace vorrebbe che i soldi della Fondazione andassero invece in vitalizi per le famiglie dei “caduti” del Msi, borse di studio e premi. E soprattutto a coprire «i debiti contratti dalle forze politiche discendenti da An nelle campagne elettorali, rigorosamente documentati»: ovvero per sanare i debiti della Destra. Gli immobili dovrebbero essere usati «per continuare a fare politica nel solco dei valori del Msi/Dn e di An, liberando le nostre sedi dai partiti non appartenenti alla nostra storia». La Fondazione ha emesso da pochi giorni due bandi di concorso. Il primo da un milione di euro per finanziare progetti: una maniera per spartire intanto un po’ di soldi tra maggiorenti, associazioni e correnti. L’altro per l’utilizzo degli immobili sparsi in tutta Italia.
Al centro della polemica anche lo storico giornale Il Secolo d’Italia oggi sommerso dai debiti. Che Meloni ha chiesto con un appello pubblico di salvare. E che la Fondazione, che del giornale è proprietaria, ha negato di voler chiudere, promettendone il rilancio.