Nell’istantanea ingrandita abbastanza da occupare un’intera pagina del libro, la donna dà le spalle al fotografo procedendo verso l’orizzonte. Una mamma con i suoi due bambini accanto agli alberi altissimi che puntano più su. Una foto d’epoca che s’insinua nel presente – lontanissimo – che Lorenzo Castore (Firenze 1973) intercetta tra il 2008 e il 2013, anni in cui vive a Cracovia nel quartiere di Podgórze. Ewa et Piotr. Si vis pacem, para bellum (Les Éditions Noir sur Blanc: la mostra è alla Biennale svizzera, Festival Images di Vevey, fino al 30 settembre) è il racconto di un incontro, un intimo e delicato sospiro che consegna all’eternità una storia privata. Nella raffinatissima edizione del libro (il progetto grafico è di Nathanaël Reuling + Eloi Gimeno) con il testo di Wojciech Nowicki, le immagini del fotografo – o meglio dei fotografi – dialogano tra loro armoniosamente.

DA UNA PARTE CASTORE inquadra il presente con il suo bianco e nero così viscerale, demandando al colore – un colore che non cela l’emotività – i due ritratti custoditi nei risvolti di copertina; dall’altro il padre dei protagonisti – Marian Sosnowski – fotografo amatoriale che negli anni ’50 documentava le gite familiari nelle regioni di Bialka e Zakopane.
Altri scatti anonimi concordano con la trasposizione di una vita agiata, di momenti spensierati che, del resto, è l’idea che il fotografo italiano si era fatto nell’osservare quell’eccentrica signora a passeggio con il cane nel suo stesso quartiere. Un volto intenso quello di Ewa, un po’ alla Greta Garbo, su un corpo dalle innate movenze eleganti. Anche l’edificio in cui viveva con suo fratello Piotr rispecchiava antichi splendori. Almeno dall’esterno. Ma il contrasto con il presente si rivela, piuttosto, come una vera e propria cesura. Finalmente l’incontro con la misteriosa signora avviene attraverso un’amica di Castore, Ludmila Adamska, che Ewa aveva contattato per vendere qualche foto dell’album di famiglia. La suggestione immaginifica entra in conflitto con la situazione tutt’altro che confortevole che attanaglia gli anziani fratelli già dal secondo incontro, con l’invito di Ewa a prendere un tè a casa sua. L’odore penetrante arriva prima ancora della luce che non c’è.

DALLA MORTE DEL PADRE, fratello e sorella vivevano insieme nel piccolo appartamento che era rimasto loro dell’intero edificio, senza luce, né gas e acqua calda. Ma la vodka non mancava, almeno per Piotr che si rifugiava nel liquido trasparente per sentirsi più leggero. Nella semioscurità di quell’appartamento di due stanze si svolge il rito dell’incontro che tornerà a ripetersi negli anni. Senza giudicare, Castore coglie i momenti quotidiani, lasciando ai gesti dei protagonisti, ai dettagli di ciò che il suo sguardo riesce ad abbracciare, che la fotografia vaghi oltre l’apparenza. Con Adam Grossman Cohen, Castore ha diretto anche il film documentario No Peace Without War, premiato con il Grenoiulle d’or a Camerimage (International Film Festival of the Art of Cinematography) 2012. Dal buio sfocato di questi interni, si torna a cogliere l’atmosfera fresca della natura di un passato che non è più neanche nostalgico.

LA MEMORIA è qualcosa da reinventare ogni volta per Ewa e Piotr, forse senza rimpianti. Anche in questo si può cogliere la sua bellezza. Oggi l’appartamento non c’è più, svenduto con l’inganno; Ewa, dopo essere stata internata in una clinica psichiatrica, è morta nel dicembre 2014. Piotr, invece, è riuscito a disintossicarsi dalla sua dipendenza dall’alcol. È sua la frase del titolo, detta in un misto di latino e qualche parola d’inglese: «Hey Lorenzo… Si vis pacem, para bellum… Can you?».