L’imposta Ires evasa da Apple Italia è stata stimata dall’Agenzia delle Entrate a più di 879 milioni di euro tra il 2008 e il 2013. L’omessa dichiarazione sarebbe stata realizzata attraverso «una stabile organizzazione occulta all’interno di Apple Italia, che formalmente svolgerebbe solo attività di marketing e supporto alle vendite». Il team vendita di Apple Italia opererebbe «come agente dipendente per conto delle società irlandesi, «avendo il potere di negoziare e decidere, in modo vincolante, tutti gli elementi e i termini dei contratti commerciali di compravendita relativi ai prodotti Apple destinati alla rete di distribuzione nazionale (grande distribuzione e compagnie telefoniche), siglati solo formalmente in Irlanda» sostiene la Procura di Milano.

Per i magistrati «i relativi redditi devono ritenersi come prodotti in Italia perché derivanti da attività commerciale svolta in Italia da società residente». Invece «tali redditi vengono sottoposti a tassazione in Irlanda con l’applicazione di una aliquota più favorevole, compresa tra lo 0,06% e lo 0,05%, rispetto a quella italiana pari al 27,50%». «Apple è uno dei più grandi contribuenti al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo» ha risposto ieri la società in una nota nella quale ha precisato che «le autorità fiscali italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato che eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza Ocse. Queste nuove accuse contro i nostri dipendenti sono completamente prive di fondamento e siamo fiduciosi che questo procedimento arriverà alla stessa conclusione».

Ieri il Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati ha comunicato la chiusura dell’inchiesta a carico di tre manager della multinazionale: Enzo Biagini, Mauro Cardaio e Thomas Michael O’Sullivan.