«Associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e all’utilizzo di fatture per operazione inesistenti». È l’accusa formulata dal pm di Milano Adriano Scudieri nei confronti di Renato Mannheimer a conclusione delle indagini riguardanti un’evasione da 10 milioni di euro di cui il presidente dell’istituto di sondaggi Ispo si sarebbe macchiato insieme al suo consulente e fiduciario Francesco Merlo ed altre 8 persone tra cui anche Carlo Gerosa (già indagato nell’inchiesta della Procura di Busto Arsizio sul caso Finmeccanica, ossia la presunta tangente pagata a funzionari del governo indiano per la fornitura di 12 elicotteri Agusta-Westland).

Mannheimer avrebbe avuto, secondo la procura milanese, il ruolo di «ideatore e beneficiario, nonché gestore di fatto, dell’attività fraudolenta» agita «mediante le società filtro» e le «società “cartiere” tunisine Euromed Consulting, Ardi research, Worldlogic e Mcg». Secondo gli inquirenti, Merlo aveva ideato un giro di false fatturazioni, alcune che chiamavano in causa anche società estere inesistenti, con movimenti su conti correnti in banche di Lussemburgo, Svizzera e Antigua. Un tunisino, invece, Hedi Kamoun, «referente per la Tunisia» del presidente dell’Ispo avrebbe ricevuto «sui conti correnti tunisini il provento dell’attività illecita per poi veicolarlo, trattenuta la percentuale del 5%, su conti correnti radicati in Svizzera e in Antigua, riconducibili al medesimo Mannheimer». Lo scopo era di frodare il fisco consentendo al famoso sondaggista, nella sua qualità di «amministratore e legale rappresentante, dal 29/07/2010 al 23/05/2013, della Ispo Ricerche srl» e come responsabile di altre società, di evadere le imposte dovute (Ires ed Iva) nelle dichiarazioni fiscali societarie per gli anni dal 2004 al 2010, con fatture false per 30 milioni di euro, e di far rientrare i soldi dall’estero in Italia.

A dicembre, quando venne interrogato dal magistrato milanese, Mannheimer, difeso dall’avvocato Mario Zanchetti, aveva manifestato «vivo dispiacere e sincero pentimento per essersi lasciato coinvolgere in atti di particolare gravità» e si era detto «intenzionato a fare in modo che sia restituito al fisco tutto quanto dovuto». Anche se, aveva spiegato, «già da alcuni anni», sia lui personalmente che le sue società erano «totalmente rispettose della normativa fiscale».