La notizia arriva a metà giornata giusto in tempo per non dichiarare fallita la mission impossible della Guardasigilli Annamaria Cancellieri intenta a spiegare ai parlamentari che «non è da un singolo episodio che si possono trarre conclusioni affrettate ed emotive su istituti irrinunciabili per l’attuazione del principio costituzionale della rieducazione della pena». Ma quando con un «evviva» saluta la notizia dell’arresto dei due detenuti evasi durante un permesso premio dai carceri di Genova e Pescara – il pluriomicida con gravi disturbi psichici Bartolomeo Gagliano catturato a Mentone dalla polizia francese, e l’ex pentito di camorra Pietro Esposito rintracciato a casa di sua sorella, a Forlì – la ministra di Giustizia può finalmente difendere a cuor leggero il suo decreto legge sulle carceri varato martedì dal governo e già mezzo bruciato, ed esplicitare senza più remore le proprie convinzioni garantiste. «Amnistia e indulto non sarebbero un fuoco di paglia ma un buon viatico per la riforma del sistema penale e penitenziario cui legislativo ed esecutivo stanno concordemente concorrendo», dice Cancellieri rassicurando il Parlamento a cui «resta la responsabilità di scegliere se ricorrere a quegli strumenti straordinari evocati dal presidente della Repubblica, e che certamente ci consentirebbero di rispondere in tempi certi e celeri alle sollecitazioni del Consiglio d’Europa».

Con i titoli ansiogeni dei giornali sulla pericolosità dei due «killer» ancora a piede libero, la Guardasigilli ieri mattina aveva provato ad argomentare che «su 21.923 permessi premio concessi a detenuti nel 2011 solo 48 sono stati i mancati rientri e nel 2012 solo 52 su 25.275: una percentuale di violazione molto inferiore all’1%, senza contare che nella maggior parte dei casi gli evasi vengono riarrestati». E perfino da Kabul, il presidente del Senato, Pietro Grasso, aveva lanciato un appello ai due evasi di «costituirsi» perché così «non aiutano il processo di alleggerimento del sovraffollamento delle carceri». In generale, certo un errore di valutazione da parte dei magistrati di sorveglianza è sempre possibile, ma nel caso specifico di Gagliano ci sarebbe stata la sottovalutazione della pericolosità sociale del detenuto da parte del direttore del carcere, il Marassi di Genova, che non avrebbe trasmesso le informazioni adeguate al magistrato. La ministra Cancellieri ha disposto un’indagine conoscitiva sulla vicenda e intanto ha optato per il trasferimento del direttore, Salvatore Mazzeo, non avendo gradito le «dichiarazioni temerarie» rilasciate ieri ad alcuni quotidiani nelle quali il dirigente penitenziario spiegava che il detenuto stava scontando una pena solo per rapina, essendo stato riconosciuto incapace di intendere e volere durante i precedenti crimini. Gagliano comunque sarebbe stato liberato nell’aprile 2015, mentre Esposito nel giugno 2014. Ma per la Guardasigilli, Mazzeo va allontanato «visto che il carcere era in possesso di tutti i documenti della storia del detenuto: c’è stata leggerezza da parte sua, ha gettato allarme sulla popolazione e discredito sulle istituzioni». Al capo della polizia Alessandro Pansa invece sono andate le congratulazioni della ministra, con «soddisfazione e personale gratitudine per il successo delle due operazioni odierne».

Grazie al lavoro degli inquirenti e alla collaborazione delle forze dell’ordine francesi, infatti, la ministra ha potuto difendere più facilmente le norme contenute nel suo decreto legge con le quali «possiamo arrivare a prevedere entro la fine del 2014 una significativa riduzione del gap tra ricettività e presenze in carcere almeno nell’ordine del 50%». Una mano le è arrivata anche dai sindacalisti della Fp-Cgil, convinti che la strada intrapresa dalla Guardasigilli vada «nella giusta direzione», anche se auspicano di vedere presto altri provvedimenti «capaci di risolvere definitivamente l’emergenza e realizzare quella riforma del sistema necessaria per attuale i principi sanciti dall’articolo 27 della Costituzione».

Esattamente a questo potrebbero essere utili amnistia e indulto. «Un provvedimento di indulto nella misura di tre anni, come l’ultimo approvato in parlamento nel 2006, consentirebbe una riduzione di presenze in carcere di circa 20 mila unità e in questo modo il sistema tornerebbe in equilibrio con la capienza regolamentare ed effettivamente disponibile». E con «un’amnistia per tutti i reati punibili con pena edittale massima fino a tre anni – ha aggiunto Cancellieri – si determinerebbe un abbattimento dei processi penali pendenti nell’ordine del 25-30%». Tra le 266.720 e le 308.966 pendenze in meno su un totale di 993.942. Un modo per riattivare la funzionalità del sistema penale, quella che i Radicali chiamano la «Giustizia giusta».