Le somme non dichiarate al fisco italiano ammontano a 132,1 miliardi di euro: ad aggiornare i calcoli è un rapporto dell’Ufficio valutazione impatto del Senato con il dipartimento di Economia dell’Università Cà Foscari di Venezia anticipato ieri da Repubblica. Il nuovo conteggio tiene conto del fenomeno dell’under reporting, cioè la tendenza degli intervistati a mentire sui propri redditi nelle rilevazioni, sottostimandoli «nel timore che si possano stabilire collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco». Tra le sorprese, una evasione Irpef che raddoppia rispetto agli studi precedenti.

L’evasione Irpef risulta essere pari a 38 miliardi di euro, cioè il 14,4% del totale, quasi il doppio rispetto alle rilevazioni che non tenevano conto dell’under reporting. Quasi 21 di questi 38 miliardi dipendono dall’evasione di introiti da lavoro autonomo e di impresa: commercianti e altre figure di liberi professionisti o artigiani che si trovano facilitate a nascondere i propri redditi reali a differenza dei lavoratori dipendenti, che hanno imposta la ritenuta alla fonte.

«Sui redditi da lavoro autonomo e di impresa, un intervistato su 4 non dice la verità, e addirittura il 44% mente sugli affitti», spiegano i tecnici che hanno elaborato la ricerca. Per imprenditori e lavoratori autonomi, l’under reporting è del 23%. Questi dati fanno salire la stima del tasso di evasione totale, si legge nel documento, a circa «il 37% per i redditi da lavoro autonomo e impresa». Mentre «l’evasione sulle rendite è intorno al 65%». Al contrario, i lavoratori dipendenti hanno un tasso di evasione molto più basso, pari al 3,5%. Se ai 21 miliardi dei redditi da lavoro autonomo e di impresa, aggiungiamo quelli evasi sugli affitti – tra i 12,6 e i 14,7 miliardi di euro – arriviamo dunque a una cifra complessiva che supera i 35 miliardi.

L’evasione fiscale, spiega ancora il rapporto, modifica l’impatto redistributivo dell’Irpef, riducendone la progressività. Infatti l’aliquota media effettiva Irpef risulta ridotta di circa il 4%, «passando da circa 20% (nel caso teorico senza evasione) a 16% (nel caso dell’imposta con evasione)».

Intanto ieri sono stati comunicati i dati relativi alle entrate tributarie e contributive del gennaio-novembre 2017: sono aumentate del 2%, spiega il rapporto redatto dal Dipartimento delle Finanze e dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

L’incremento, in cifre assolute, è di 12,2 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2016. Il dato, spiega il ministero dell’Economia, tiene conto dell’aumento dell’1,7% (+7,05 miliardi di euro) delle entrate tributarie e della crescita delle entrate contributive del 2,6% (+5,17 miliardi di euro).

Ieri sono stati diffusi anche i dati di Banca d’Italia: a novembre le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 35,9 miliardi (2,1 miliardi in più rispetto allo stesso mese del 2016). Nei primi undici mesi del 2017 esse sono state pari a 374,9 miliardi, in aumento dell’1,8 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016.

Dati che si incrociano con un tema caldo della campagna elettorale, la proposta (del centrodestra) sulla flat tax, ovvero una tassa unica e uguale per tutti. Secondo chi la sostiene spingerebbe i contribuenti a non evadere più, mentre chi la contesta sottolinea che contraddice il principio costituzionale della progressività delle imposte.