Lo spettro della legge sull’eutanasia si aggira per il parlamento, ma fuori sembra avere più che altro le sembianze di un’onda che cresce. La raccolta di firme per un referendum d’iniziativa popolare sul fine vita ha già portato circa 400mila cittadini ai gazebo allestiti nelle città (ne servono 500mila entro la fine di settembre) e, con una decisione pressoché storica, da ieri è anche possibile firmare online sulla piattaforma creata dall’Associazione Luca Coscioni, oltre che nelle piazze, in molti studi di avvocati e notai e negli uffici anagrafe dei comuni italiani.

Dal Palazzo, un colpo l’ha battuto il ministro della Salute Roberto Speranza, che con una lettera alla Stampa ha risposto all’appello di un uomo di 43 anni che chiedeva di poter morire con dignità. E il ministro ricorda come sia un diritto chiedere a una struttura pubblica assistenza per il suicidio medico assistito. «Continueremo a lavorare in silenzio, per ciò che il governo può fare nell’ambito delle sue competenze, per consentire l’applicazione più uniforme possibile, al di là di ogni legittima posizione politico-culturale, della sentenza della Corte Costituzionale, nel rigoroso rispetto dei requisiti molto chiari e stringenti che essa ha stabilito», dice il ministro. Sulla pure proclamata «necessità e urgenza di un intervento legislativo in materia», però, Speranza mette le mani avanti: «Da ministro ho mantenuto la posizione di principio che su materie come questa non ci possa essere alcuna iniziativa del governo che scavalchi o surroghi il ruolo del Parlamento».

Su questo punto il deputato e presidente di Più Europa Riccardo Magi sottolinea: «Sul fine vita il Parlamento è stato latitante per anni: ne sono passati otto, d’altra parte, da quando presentammo una legge sull’eutanasia legale che, però, non è stata mai discussa». Anche qui, ad ogni modo, la situazione sembra che si stia muovendo. Spiega ancora Magi: «Sulla spinta del referendum, qualche settimana fa, la commissione Giustizia e Affari Sociali della Camera ha approvato il testo base di una nuova legge sull’eutanasia, frutto dell’unione di varie proposte. Non basta e quel testo ha molti limiti evidenti, ma fa bene Speranza a dire che nel dibattito a mancare sono il Parlamento e, soprattutto, le principali forze politiche del paese, quelle che hanno la forza e la possibilità di dettare l’agenda del dibattito. Da qui l’esigenza di una battaglia popolare come il referendum».

È sintomatico che la raccolta delle firme stia procedendo a spron battuto benché se ne parli tutto sommato poco. Nelle strade e nelle piazze in cui sono presenti i gazebo referendari spesso e volentieri si vedono code di cittadini che, sfidando il caldo, aspettano il proprio turno per firmare, in ossequio alla vecchia tesi pannelliana in base alla quale spesso e volentieri la società civile è più avanti rispetto alla classe politica che vorrebbe rappresentarla. L’impegno dell’Associazione Luca Coscioni non si fermerà fino a settembre, e per il weekend di Ferragosto i militanti promettono un particolare impegno a portare i gazebo in più città possibile.

I Radicali Italiani, dal canto loro, pur dando atto al ministro Speranza di essere intervenuto sul tema con una lettera non scontata né tanto meno dovuta, sollevano qualche critica sul contenuto della lettera del ministro. «Ribadisce che la sentenza della Consulta non può essere ignorata da nessuno dei soggetti coinvolti (aziende sanitarie regionali, Regioni, Governo centrale) – si legge in una nota – ma poi rimanda un intervento concreto alla ricognizione regione per regione sulla natura e sulla composizione dei comitati etici territoriali e a un’intesa fra Governo e Regioni per fornire indicazioni chiare e univoche sulla procedura di applicazione del dispositivo della Consulta. Campa cavallo». E ancora: «Di fronte al vergognoso silenzio del Parlamento e alle lungaggini burocratiche di Ministero, Regioni e Asr, solo lo strumento del referendum, ancora una volta come nei passati cinquant’anni, può sbloccare la situazione».

La chiamata popolare sta funzionando, i numeri della raccolta parlano da soli. E sembrano destinati ad aumentare ora che si potrà firmare anche online. «È una svolta epocale – conclude Magi -, abbiamo sempre vissuto i referendum anche come momenti di battaglia per allargare lo spazio di partecipazione dei cittadini. Sui referendum popolari c’erano degli ostacoli oggettivi. Credo che il passaggio dell’emendamento a mia prima firma sulle firme digitali sia stata una bella pagina parlamentare: è passato all’unanimità malgrado il parere contrario del governo».