Legalizzazione del suicidio assistito e depenalizzazione dell’eutanasia. Per ottenerli anche in Italia, bisognerà votare «Sì» ai due quesiti referendari depositati ieri mattina in Corte di Cassazione dall’Associazione Luca Coscioni e da alcuni rappresentanti del Comitato promotore composto da partiti (Radicali italiani, Psi, +Europa, Possibile, Volt), associazioni e un lungo elenco di parlamentari, consiglieri regionali (di Abruzzo, Fvg, Lazio, Lombardia, Marche), medici e giuristi. Occorrono però 500 mila firme da raccogliere in soli tre mesi – luglio, agosto e settembre – affinché nel prossimo autunno si possa svolgere il Referendum per l’Eutanasia Legale.

Mesi difficili, per intercettare i possibili sottoscrittori, si sa, ma la scelta del timing è stata condizionata anche dalle prossime elezioni del Presidente della Repubblica. Ieri, dopo aver depositato gli atti in Cassazione, l’avvocata Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretaria e tesoriere dell’associazione Coscioni, sono stati ricevuti dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia per un colloquio interlocutorio che ha avuto per oggetto soprattutto la sentenza della Consulta sul caso Cappato/Dj Fabo.

I due quesiti referendari agiscono sull’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p. del cosiddetto «omicidio del consenziente», «l’unica fattispecie – spiega in una nota l’associazione Coscioni – che nel nostro ordinamento assume un ruolo centrale nell’ambito delle scelte di fine vita, dal momento che non esiste una disciplina penale che proibisca in maniera espressa l’eutanasia». Il fatto che la parola non venga neppure menzionata nelle leggi italiane non impedisce il divieto all’«eutanasia attiva» nella versione diretta, come accade in Olanda e Belgio, «in cui è il medico a somministrare il farmaco eutanasico alla persona che ne faccia richiesta (art. 579 c.p. omicidio del consenziente)», e nella versione indiretta, «in cui il soggetto agente prepara il farmaco eutanasico che viene assunto in modo autonomo dalla persona (art. 580 c.p. istigazione e aiuto al suicidio), fatte salve le scriminanti introdotte dalla Consulta».

Con la sentenza Cappato, infatti, la Corte costituzionale ha stabilito la non punibilità di chi «agevola l’esecuzione» del suicidio «di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli». Condizioni che devono essere prima «verificate da una struttura pubblica del Ssn, previo parere del comitato etico territorialmente competente». Sentenza alla quale si è attenuta la Corte d’Assise di Massa che nel luglio 2020 ha assolto Cappato e Mina Welby per l’aiuto concesso a Davide Trentini quando nel 2017 raggiunse la Svizzera per il suicidio assistito. Tra pochi giorni, il 28 aprile, si aprirà il processo in Appello a Genova su richiesta dei pm che si sono opposti alla sentenza.

Abrogando parti dell’articolo 579 c.p. si otterrebbe una norma che, nel caso di aiuto al suicidio, «evita l’abuso, lasciando la condotta punita come un omicidio», e al contempo depenelizza l’eutanasia, attualmente vietata dalla fattispecie di omicidio del consenziente, «sempre nell’ambito dell’attuale assetto ordinamentale». La volontà del paziente («col consenso di lui») verrebbe così esaltata, e ancorata direttamente alle Dat e alla stessa sentenza 242/19 della Consulta.

L’iniziativa dell’associazione Coscioni ha avuto il plauso, ieri, soprattutto di esponenti del M5S, malgrado il partito non sia entrato nel Comitato promotore. Molti parlamentari 5S però hanno aderito all’intergruppo sull’Eutanasia legale che conta 52 deputati (8%) e 20 senatori (6%) in tutto, compresi i 20 del Pd, i 6 di Leu e 4 di FI. Mentre oltre 140 mila cittadini hanno supportato la pdl di iniziativa popolare depositata nel 2013. Attualmente sono cinque le proposte di legge sull’eutanasia depositate alla Camera ma nessun testo base, perché l’iter, iniziato soltanto il 30 gennaio 2019 dopo l’ordinanza della Consulta, si è arenato sei mesi dopo nelle commissioni Giustizia e Affari sociali.

«È arrivato il momento di far decidere ai cittadini su un tema che i politici si sono rifiutati di affrontare», ha dichiarato Cappato pima di entrare al “Palazzaccio”. Si cercano volontari per organizzare i tavoli in tutta Italia. Nel frattempo chi ha bisogno di conoscere i propri diritti sul fine vita da oggi ha un «Numero Bianco» (06 9931 3409) a disposizione.