Il «popolo sovrano» può farsi legislatore, uno dei lasciti più politicamente significativi della nostra Costituzione che fu pensato per creare un contrappeso all’iperazione – o inazione – di Parlamento o Governo su determinate questioni.

L’aver previsto questo istituto di democrazia diretta ha posto l’Italia all’avanguardia tre le democrazie nella partecipazione popolare del governo del Paese, la storia della Repubblica ci ricorda che importanti conquiste sociali e di libertà come divorzio e aborto sono state confermate per via referendaria, mentre altre riforme strutturali, quasi sempre grazie alla leadership di Marco Pannella, sono state conseguite grazie al ricorso referendario. Una, nel 1993, anche sugli stupefacenti.

Il referendum è fondamentale per esercitare la nostra sovranità, la sua natura di attivatore della democrazia è annunciata già dall’articolo 1 della Costituzione che stabilisce che «la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei limiti della Costituzione». L’esordio della nostra Carta è la lente attraverso cui va letta la portata dello strumento referendario codificato poi all’articolo 75.

Tra gli otto quesiti su cui la Corte costituzionale si pronuncerà a seguito di udienza del 15 febbraio ce n’è uno che riguarda una parziale modifica dell’articolo 579 del codice penale, il cosiddetto «omicidio del consenziente», promosso dall’Associazione Luca Coscioni. In quello stesso giorno, dopo anni di tentennamenti, false partenze, rinvii, polemiche o ingerenze di ogni tipo, l’Aula della Camera discuterà una norma sul fine vita. Una legge che però non affronta quanto previsto dal referendum e che, allo stato attuale, non rispecchia neanche quanto previsto dalla sentenza Cappato-Antoniani emanata dalla Consulta nel 2019.

La forza modificativa del referendum si esplica tramite l’abrogazione di una o più disposizioni vigenti escludendo “creazione” normativa. Il quesito che abbiamo chiamato «Eutanasia legale» su cui sono state raccolte oltre 1.240.000 firme è stato predisposto tenendo conto dei rilievi della Corte costituzionale sul tema del fine vita e mantenendo tutte le tutele verso le persone vulnerabili, lasciando intatta quella che alcuni hanno chiamato «tutela minima» della vita che deve essere tutela massima se non è scelta consapevole della persona. Si abroga solo parzialmente l’articolo 579 del codice penale.

Da quando ormai quattro anni fa Marco Cappato accompagnò Fabiano Antoniani in Svizzera per ottenere il suicidio assistito, l’Italia ha finalmente affrontato il tema del fine vita che per anni era restato un tabù, anche grazie a lui abbiamo una legge sul cosiddetto «testamento biologico». Il clamore della richiesta di eutanasia di Piergiorgio Welby, che tanto mosse anche il Presidente Napolitano nel 2006, fu velocemente silenziato anche a causa della scarsa propensione dei media, in particolare della TV, ad affrontare laicamente i temi che attengono all’autoderminazione personale in momenti drammatici delle nostre esistenze.

Si spettacolarizza il dolore fine a se stesso per commuovere l’audience senza approfondire cause o rimedi che potrebbero suscitare reazioni civiche riformatrici.

Il referendum ha la funzione di garantire la costante rispondenza della legislazione nazionale agli interessi e alle necessità della collettività – fungendo da strumento di controllo sulle disfunzioni legislative del Parlamento e da contrappeso all’arbitrio delle maggioranze – e di tutelare il pluralismo di forze politiche e sociali che si adoperano per non convivere con decisioni spesso liberticide. Nel 2021, caso pressoché unico nel mondo democratico, l’Italia ha consentito anche la raccolta di firme per via digitale; la prima raccolta è avvenuta per il referendum sull’eutanasia e, anche se lanciata il 12 agosto e senza particolare visibilità, sono arrivate oltre 400.000 firme in un paio di settimane!

Parte della dottrina costituzionalistica sostiene che l’esito del referendum dovrebbe avere garanzie che tutelino la volontà popolare, quantomeno in merito all’oggetto del quesito, tenendo al riparo il risultato da interventi volti ad annullarlo. La Costituzione ricorda che l’inammissibilità dei referendum è l’eccezione che conferma la regola.

Le dinamiche parlamentari relative alla legge Zan, al suicidio assistito e da ultimo le schermaglie sull’elezione del Presidente della Repubblica segnalano una crisi istituzionale che ha messo in dubbio la credibilità delle Camere. La stagione referendaria diventa quindi centrale per riaccendere il dibattito pubblico e la partecipazione popolare alla vita del Paese. Partire dalla possibilità di scegliere di porre fine alla propria vita non è necessariamente incoerente con questo stato di cose.