La Brexit non fa paura a Eurotunnel. La società privata franco-britannica che fino al 2086 ha la concessione delle infrastrutture ferroviarie che passano sotto la Manica si dice pronta al grande salto, qualunque sia la decisione politica finale.

«Siamo come un allievo che si è preparato bene all’esame di maturità», riassume François Gauthey, direttore generale delegato del gruppo Eurotunnel. È da tre anni, dal referendum del 2016, che Eurotunnel si prepara e sono mesi che il presidente, Jacques Gounon, invita a «sdrammatizzare».

NEI TRENI SOTTO LA MANICA tra il terminal di Coquelles in Francia e quello di Folkstone in Gran Bretagna, la linea ferroviaria più utilizzata al mondo con un convoglio ogni 3 minuti che percorre in 35 minuti i 50,5 km del tunnel (37 sotto l’acqua), in attività da 25 anni, passano ogni anno 21 milioni di passeggeri (430 milioni dall’apertura), più di 10 milioni di passeggeri dell’Eurostar, 2,7 milioni di auto, 1,7 milioni di camion, 138 miliardi di euro di scambi di merci, di qui passa un quarto dell’export britannico verso la Ue.

Eurotunnel ha oggi 27.00 dipendenti, due terzi in Francia un terzo in Gran Bretagna, e un migliaio di lavoratori a contratto con società di subappalto. L’atto fondatore è il trattato di Canterbury, firmato nell’86 da François Mitterrand e Margaret Thatcher.

La preoccupazione principale di Eurotunnel è «garantire i flussi», cioè evitare con la Brexit lo scenario di code chilometriche di camion all’entrata dei due tunnel ferroviari (il terzo è di servizio). Oggi, non c’è la frontiera, anche se esistono dei controlli per i circa 5mila camion che ogni giorno attraversano la Manica: controlli di sicurezza (contenuto del trasporto e condizioni del camion) ai due pit stop, uno in Francia l’altro in Gran Bretagna, con possibili controlli doganali aleatori, anche dei passaporti. Ogni camion è obbligato a fermarsi per una decina di minuti prima di imbarcare sulla navette, ci sono i cani che cercano presenze umane (per i camion con teloni) e sensori elettronici (per i containers): oggi, i controlli in Francia sono soprattutto per i migranti (nessuno cerca di entrare in Francia clandestinamente dalla Gran Bretagna).

Al terminal di Coquelles, ne vengono scoperti 30-50 al giorno, a settembre sono stati 800. Molto meno che nel 2015, quando 82mila persone erano state bloccate a questa frontiera. C’erano stati 10 morti allora, persone che avevano cercato di passare attraverso i tunnel ferroviari. La conseguenza sono stati lavori faraonici per trasformare Coquelles in un fortino inespugnabile: 40 km di barriere di sicurezza alte più di 4 metri, 9 km di barriere agli infrarossi, tensione elettrica, 640 video, due droni in attività.

È IL PERSONALE DI EUROTUNNEL che si occupa di intercettare i migranti che cercano di passare nascondendosi nei camion, unico modo ancora possibile oggi. C’è un piccolo edificio destinato ad accogliere i migranti, con dei bagni e delle bottiglie d’acqua. La polizia è avvertita. In linea di principio i camionisti non sono ritenuti responsabili, se non fanno storie al controllo. I migranti vengono portati lontano dal terminal dalla polizia, che poi li lascia andare, essere senza documenti non è reato.

Con l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue saranno necessarie delle pre-dichiarazioni, fatte on line, con la creazione di un codice a barre che permetterà di far passare i camion senza perdere tempo per dimostrare l’avvenuto pagamento di dazi e Iva nella Ue. Senza il codice, il camion non passa. Per questo ci sono stati forti investimenti, 40 milioni di euro, per costruire in tutta fretta dei nuovi giganteschi parcheggi nell’ampia area di 650 ettari del terminal di Coquelles, ci sono corsie «verdi» per i camion con il codice a barre adeguato e corsie arancioni per quelli bloccati, zone di controllo più ampie dove i camion possono essere «disossati» per verificare le merci trasportate.

I CONTROLLI RAFFORZATI saranno però solo al pit stop francese. Gli inglesi hanno deciso che lasceranno entrare i camion che hanno passato la barriera francese, perché «siamo un’isola» spiegano e qui un camion non può scappare, se ci sono problemi potrà essere facilmente reperito sul territorio britannico e controllato, ma non sul sito di Eurotunnel.

Prudenti, però, per evitare le conseguenze caotiche di un eventuale blocco in Francia con l’arrivo della Brexit, nel Kent è previsto che una corsia dell’autostrada verso nord potrà essere trasformata in parking gigante per camion.

Eurotunnel spera addirittura con la Brexit di prendere parti di mercato ai ferry, perché con i treni c’è la possibilità di monitorare il traffico in tempo reale, evitando il caos delle code. Accordi preventivi, qualunque tipo di Brexit si avrà, sono stati già fatti per i cavalli da corsa (transito importante inter-Manica) e per il pesce, che sarà comunque lavorato e tassato (Iva) a Boulogne-sur-Mer, principale centro europeo. In più, Eurotunnel fa valere un bilancio Co2 migliore dei ferry.

EUROTUNNEL È PRONTO per il momento del divorzio Gran Bretagna-Ue e sulle relazioni future – questione ancora tutta aperta – fa la scommessa del mantenimento di norme analoghe tra Gran Bretagna e Ue dopo la Brexit: credono fermamente che gli industriali, visto che sono loro a decidere, non andranno controcorrente rispetto a una tendenza internazionale all’omologazione.

I nuovi controlli e la tecnicità dei documenti richiesti rafforzeranno la concentrazione in corso nel trasporto internazionale, escludendo progressivamente i piccoli, i camionisti indipendenti. Già oggi, i 100 più grossi trasportatori fanno 10-15mila passaggi l’anno (e il loro principale cliente è Amazon).