Piove sul bagnato. Mentre cresce la contestazione verso il governo di David Cameron, accusato da molti cittadini britannici di non aver fatto abbastanza per evitare gli esiti catastrofici che le piogge torrenziali delle ultime settimane stanno provocando in molte parti del paese, il premier conservatore deve preoccuparsi anche di un’altra pericolosa «tempesta annunciata».
In un’elezione suppletiva che si è svolta nel collegio di Wythenshave, periferia popolare del sud di Manchester, l’United Kingdom Independence Party, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, ferocemente euroscettico e anti-immigrati, ha infatti superato i Tory piazzandosi al secondo posto dopo il Labour. Non un caso isolato, visto che dal 2010 ad oggi è già successo sei volte, su un totale di otto simili consultazioni locali. In questo caso si votava in una roccaforte laburista, ma questo non ha comunque impedito all’Ukip di triplicare i propri voti nello spazio di un paio d’anni. In realtà, secondo le analisi dei flussi elettorali condotte in questi giorni dal Guardian, il partito che chiede l’uscita del paese dall’Unione Europea e la chiusura delle frontiere all’immigrazione, minaccerebbe sempre più anche le cittadelle laburiste nel centro-nord del paese, oltre ad aver già messo in discussione il radicamento dei conservatori nel sud. Del resto, solo qualche settimana fa, un sondaggio dell’Independent aveva indicato proprio nell’Ukip il «partito più popolare del paese», in testa nelle intenzioni di voto per le europee di fine maggio. Se si votasse ora, aveva spiegato il quotidiano londinese, i populisti arriverebbero primi con il 27% dei consensi, di fronte ai laburisti e ai conservatori, rispettivamente del 26 e del 25%. È inseguendo questi sondaggi che lo stesso Cameron ha progressivamente radicalizzato le sue posizioni sull’Europa e sull’immigrazione: da un lato, per quanto già sconfessato dalla Camera dei Lord, ha proposto che entro il 2017 si svolga nel paese un referendum per decidere se restare o meno nella Ue, dall’altro, ha annunciato misure per rendere più difficile l’accesso ai sussidi sociali, dalla casa all’assegno per la disoccupazione, per i nuovi arrivati e un giro di vite sulle norme che tutelano la libera circolazione dei cittadini dei paesi comunitari. Questo mentre i tabloid popolari annunciavano per l’inizio del 2014, l’arrivo nel paese di orde di bulgari e rumeni e l’ala destra dei Tory finiva per confondersi sempre più con le posizioni dell’Ukip. Il risultato, come già avvenuto in altre parti d’Europa, è che gli slogan populisti e xenofobi del partito euroscettico hanno finito per apparire via via sempre più normali e i suoi viti sono schizzati alle stelle.
Fondato nel 1993 da alcuni ex appartenenti al Partito conservatore, tra cui il futuro leader Nigel Farage, in polemica con la ratifica da parte della Gran Bretagna del Trattato di Maastricht e puntando sul tradizionale nazionalismo economico dei britannici, l’Ukip ha via via allargato il proprio programma elettorale dalla richiesta di uscita dalla Ue (nella foto i manifesti elettorali, reuters), alla denuncia di quella «minaccia» che ai loro occhi sarebbe rappresentata dell’immigrazione. Ed è su questa base che i consensi sono cresciuti in modo impressionante: dai 700 mila del 1999 agli oltre 2,5 milioni del 2009. Risultato che gli ha consentito di mandare 13 deputati al parlamento di Bruxelles e raccogliere oltre un quarto dei voti espressi nelle elezioni regionali dello scorso anno.
Molti elettori non sembrano inoltre turbati dagli atteggiamenti sessisti e omofobi assunti da diversi esponenti del partito. Come David Silvester, consigliere comunale dell’Ukip a Henley on Thames, il quale ha definito le alluvioni che colpiscono il paese in questi giorni come un castigo divino per l’approvazione del matrimonio gay da parte del parlamento di Londra. Razzismo e omofobia che hanno portato l’ex sindaco laburista di Londra, Ken Livingstone a paragonare gli euroscettici ai neonazisti britannici: «In realtà l’Ukip è solo il British National Party – partito che nel nostro paese è legato a Forza Nuova – in giacca e cravatta».
Per quanto sia costruita sull’evocazione di veri e propri fantasmi – «Molta gente non crede alle statistiche sui numeri reali dell’immigrazione, che non supera il 15% nel paese, ha un approccio totalmente irrazionale alla questione», spiega Alan Manning, della London School of Economics – la campagna della forza emergente non sembra conoscere contraddizioni. A Wythenshawe, il più grande quartiere di edilizia popolare d’Europa, dove i laburisti dominano fin dagli anni Cinquanta, il deputato europeo dell’Ukip Gerard Batten ha spiegato che «queste ondate d’immigrazione hanno peggiorato le condizioni di vita dei britannici. Ormai, il nostro governo ha sede a Bruxelles. Non siamo più un paese libero e democratico. Perfino la Russia di Putin è più libera di noi». «Fino ad ora abbiamo convinto la base dei conservatori – annuncia infine minaccioso Batten – ora è venuto il momento degli elettori di sinistra». Chissà se in Gran Bretagna capiranno in tempo la natura del pericolo.