L’Islanda ha votato ieri per le legislative. Un panorama ben diverso da quello di quattro anni fa. Allora, la «rivoluzione delle casseruole» portò alle dimissioni del governo conservatore, responsabile della devastante crisi finanziaria in atto nel paese. Al momento di andare in stampa (le urne si sono chiuse a mezzanotte, ora italiana), i pronostici erano a favore del centrodestra, contrario all’adesione all’Unione europea.

Secondo i sondaggi, il governo eletto nel 2009 – una coalizione che comprendeva socialdemocratici e Verdi – ha perso il consenso dei 320.000 islandesi: soprattutto per via delle misure impopolari adottate in risposta alla crisi. Inizialmente favorevole all’adesione alla Ue, quest’anno il governo ha dovuto interrompere i negoziati, a causa dell’euroscetticismo presente nel paese. Ieri, le previsioni davano la maggioranza dei seggi al Partito dell’indipendenza – al potere per decenni e fino al 2008 -, e al Partito del progresso, movimento rurale che ha appoggiato i governi in campo prima della crisi.

Per la poltrona di primo ministro, hanno concorso il conservatore Bjarni Benediktsson, 43 anni, e il centrista David Gunnlaugsson, 38 anni. La premier uscente, la socialdemocratica Johanna Sigurdardottir, 70 anni, lascerà la politica.