Recessione, crisi umanitaria senza precedenti, disoccupazione oltre il 28%, tagli a stipendi e pensioni, promesse vane e speranze perse: ai greci è chiaro che il voto di oggi è un referendum sulle politiche applicate dalla Troika (Bce, Fmi, Commissione Ue) negli ultimi anni. Per bocciarle, come vuole il leader della sinistra radicale (Syriza), Alexis Tsipras. O per approvarle, come vorrebbe il premier conservatore (Nea Demokratia) Antonis Samaras, che fa appello alla difesa della «stabilità politica». Una stabilità che fa certo comodo all’establishment politico ed economico, ma che non dovrebbe interessare gli strati economicamente più deboli sempre più affamati e disperati.

In gioco ad Atene non è semplicemente la sorte del governo di coalizione fra Nea Demokratia e socialisti del Pasok, né il numero dei deputati che ciascuna forza politica manderà all’Europarlamento. Ciò che mette la Grecia al centro dell’interesse politico nel Vecchio continente è la verifica sul grado di sopportazione e di resistenza da parte dei suoi cittadini nei confronti di politiche disumane. In altri termini, fino a che punto il malcontento generale sarà espresso nelle urne. In secondo luogo, gli occhi d’Europa – e delle sinistre in particolare – sono puntati su Tsipras, che oggi dimostrerà se è riuscito a convincere l’elettorato che il programma del suo partito è l’alternativa ai piani «lacrime e sangue» e che Syriza può candidarsi davvero a essere forza di governo.

Durante l’ultima settimana la differenza tra Nea Demokratia e Syriza è aumentata a favore della seconda. Il testa a testa che si era registrato alla vigilia del primo turno delle amministrative, e i risultati elettorali tutto sommato contraddittori della domenica scorsa (Syriza ha vinto parzialmente ad Atene e in Attica, la regione più grande del Paese, mentre i conservatori hanno raccolto la maggioranza delle preferenze in periferia), hanno ceduto il posto a un netto vantaggio della sinistra nei sondaggi. In media, Syriza otterrebbe il 25% contro il 22% dei conservatori. Al terzo posto sono accreditati i neo-nazisti di Alba Dorata (in media al 7,5%), mentre l’Ulivo, lista alla quale partecipa il Pasok, avrebbe il 6,5%. A seguire, il Partito Comunista di Grecia (Kke).

La «minaccia della sinistra» ha fatto alzare i toni del premier Samaras, che nel suo discorso di chiusura della campagna elettorale ha attaccato personalmente il leader di Syriza: «Tsipras è un irresponsabile». Oltre agli attacchi all’avversario, le promesse: in mezzo a una recessione profonda provocata anche dal suo partito, Samaras ha avuto il coraggio di promettere 700mila posti di lavoro nei prossimi sette anni. Tsipras, invece, ha sottolineato che «queste elezioni devono essere il referendum che non è mai stato fatto in Grecia: un referendum simile a quello del 1974 che ha cacciato via dal paese la monarchia». Il segretario del Kke,Dimitris Koutsoubas, ha accusato dal canto suo Syriza di essere «protagonista di giochi politici e di affari oscuri». Per i comunisti ortodossi greci il paese deve emanciparsi dalle politiche dell’Ue e cancellare il suo debito.

Il dato più preoccupante è la crescita vertiginosa di Alba Dorata (su cui pende un processo presso la Corte suprema che potrebbe dichiararla fuorilegge). «Le forze democratiche hanno il dovere di riportare a casa gli elettori di quel partito, perché non tutti coloro che votano per Alba dorata devono essere considerati neo-nazisti» ha affermato Tsipras. Parole ragionevoli, che hanno provocato, però, la reazione della coalizione di governo: «Syriza flirta con Alba Dorata, perché vuole i voti dei candidati neo-nazisti al secondo turno delle amministrative».

Nel caso in cui il vantaggio di Syriza registrato nei sondaggi venisse confermato dai risultati di domani sera, non è detto che la conseguenza diretta sia la crisi di governo. Tutto dipenderà dalla differenza dei punti tra la destra e la sinistra radicale, ma anche dal numero dei voti raccolti dai socialisti del Pasok, che, nel periodo ante-crisi, raccoglieva oltre il 40% e ora rischia addirittura di sciogliersi. Se la differenza tra Nea Demokratia e Syriza dovesse risultare superiore ai cinque punti a vantaggio di Tsipras, e il Pasok (Ulivo) dovesse scendere sotto il 5%, allora la Grecia potrebbe andare verso elezioni politiche anticipate. Altrimenti, ci sarà un rimpasto governativo, ma niente di più. E la crisi continuerà a essere gestita, almeno fino all’anno prossimo, dai due soliti partiti del potere: Nea Demokratia e Pasok.