Oggi la terza istituzione della Unione europea, il Parlamento, vota per scegliere il presidente in un clima di incertezza e confusione. Mentre dall’America Donald Trump bombarda con parole di disprezzo l’Ue.

Gli antieuropei dell’eurodestra, con un centinaio di deputati, saranno determinanti e hanno la possibilità di far apparire un volto di debolezza particolarmente inopportuno in questo momento di crisi di identità e di Europa sotto attacco interno e internazionale. Secondo una regola non scritta a metà mandato – dopo due anni e mezzo – cambia il presidente dell’Europarlamento.

Nel passato il voto è stato generalmente pacifico in seguito a un accordo tra i principali gruppi, Ppe e S&D, per un’alternanza. Questa volta non c’è accordo preventivo. Le divisioni sono troppo grandi, le rivalità esacerbate e al clima di incertezza ha contribuito anche il comportamento del presidente uscente, il tedesco Martin Schulz, socialdemocratico, che ha tardato a scegliere di tornare in Germania in vista di un avvenire politico nel suo paese (si parla del ministero degli Esteri).

Fino all’ultimo, c’è chi ha creduto a una terza candidatura di Schulz, che avrebbe permesso, se riconfermato, di mantenere un certo equilibrio nelle istituzioni tra i due principali gruppi: alla Commissione e al Consiglio la presidenza è in mano a esponenti della destra, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk. Una vittoria del candidato del Ppe all’Europarlamento darebbe troppo potere a una sola parte politica. Per questo, la battaglia di Strasburgo potrebbe essere seguita a ruota da quella per la successione di Tusk, che è in carica dal dicembre 2014.

 

Antonio Tajani2

I 751 eurodeputati dovranno scegliere tra sette candidati al primo turno, oggi alle 9. La battaglia principale è tra due italiani: Gianni Pittella, candidato del gruppo S&D, e Antonio Tajani, uomo di Berlusconi ed ex commissario, due candidati che non suscitano grandi entusiasmi neppure tra i rispettivi amici politici.

Gianni-PIttella

 

Per vincere bisogna superare il 50% dei voti al primo turno, ma visto che nessuno dei due gruppi ha la maggioranza assoluta, l’esito è incerto. Il terzo uomo è il liberale belga Guy Verhofstadt, vecchio navigatore della Ue, rappresentante del Parlamento per il Brexit, che si autodefinisce «visionario» e «mediatore» per eccellenza, ma che si è tagliato le ali da solo, con l’avventura del tentato accordo con il Movimento 5 Stelle, un matrimonio contro natura tra euroscettici e federalisti, subito respinto dal gruppo liberale. Un’italiana anche come candidata della Gue, la sinistra della sinistra, Eleonora Forenza.

Sono anche in corsa: la belga Helga Stevens, dell’Ecr (Conservatori e Riformisti, terzo gruppo a Strasburgo), dove siedono anche i Tories pro-Brexit; la verde britannica Jean Lambert e il rumeno Laurentin Rebega, per l’estrema destra dell’Europa delle Nazioni, dove siedono Marine Le Pen, la Lega, l’Fpö austriaco. Un altro italiano ha ritirato la candidatura l’11 gennaio: si tratta di Piernicola Pedicini, per la destra estrema di Eldd, dove siede l’Ukip, che non è più interessato alla Ue.

Nessuna maggioranza chiara, assenza di accordo preventivo tra i gruppi, estremisti in posizione di arbitro: ci sono tutti gli ingredienti per un voto su vari turni. Se nessuno passa il primo con più del 50%, al secondo turno entrano in ballo le alleanze.

 

Verhofstadt-3

Molto dipenderà dalla decisione di Verhofstadt, se si ritirerà, se darà indicazioni di voto. Tajani è in difficoltà, i Verdi lo accusano di non aver fatto nulla quando era commissario all’Industria (2010-2014) in particolare sulla truffa dei software per nascondere le emissioni inquinanti nelle auto diesel. Pittella cerca di sedurre i progressisti: «L’Europa ha bisogno della sinistra – afferma – per mettere fine all’austerità cieca». I piccoli candidati possono a questo punto negoziare i posti che devono essere distribuiti con il voto, 14 vice-presidenti e 5 questori. Al quarto turno, restano solo i due candidati arrivati in testa. Se alla conclusione di questo voto c’è parità, vince il più anziano (nella lotta tra Pittella e Tajani, vincerebbe quest’ultimo, che ha 63 anni contro 58 per il rivale S&D). La candidata più anziana è la verde Lambert.

Il Ppe è furioso per il mancato accordo con S&D, come nel passato, che gli avrebbe garantito l’alternanza alla presidenza. Il capogruppo, Manfred Weber, già accusa  «tutti coloro che non rispettano l’accordo, sono responsabili dell’influenza crescente dei populisti».