L’Italia, con tutti i suoi difetti e le sue qualità, ha fatto irruzione ieri all’europarlamento, per l’avvio del semestre di presidenza italiano. Una serie di immagini anche efficaci da parte di Matteo Renzi – dal selfie dell’Europa che mostrerebbe oggi il volto della “noia”, della “stanchezza” e della “rassegnazione”, fino all’invito a “ritrovare l’anima” per un’Europa “della generazione Telemaco”, una “smart Europe” post Ulisse – hanno sostituito la presentazione più pedante in aula a Strasburgo del programma dettagliato della presidenza semestrale. Ma le bordate contro il tentativo del primo ministro italiano di mascherare con un po’ di poesia e di riferimenti classici la vaghezza del programma concreto sono arrivate subito. Oltre la miseria tutta italiana del “pagliaccio” buttato li’ dal leghista Borghezio, la destra del Ppe è scesa in campo per contestare l’accento posto sulla crescita, seconda parte del Patto di stabilità. Se ne è occupato soprattutto Manfred Weber, capogruppo Ppe di nazionalità tedesca. Come se non fosse successo nulla, come se non ci fossero milioni di disoccupati e una disperazione sociale che ha mostrato i suoi effetti alle ultime elezioni europee, Weber ha ancora insistito sui “compiti a casa”, perché la lezione della crisi è che “i debiti non creano futuro ma lo distruggono”. Renzi aveva cercato di parare il colpo preventivamente. Nel discorso di apertura ha sottolineato che l’Italia è tra i paesi al mondo che hanno tra i più importanti avanzi del bilancio corrente (che permette di mettere il debito pubblico vertiginoso sotto il tappeto) e che, in Europa, è un contributore netto (notazione ripetuta ben due volte). Dopo l’assalto di Weber, nella risposta, Renzi non ha più rimesso i guanti, è insorto contro “i pregiudizi” e ha ricordato, di nuovo, che la Germania nel 2003 aveva violato i limiti dei parametri di Maastricht, manovra che del resto aveva permesso a Berlino di rilanciare l’economia. Renzi rimanda la mittente i “compiti a casa” e continua a fare rifermento a “riforme che abbiamo condiviso” e che l’Italia farà. “Non c’è un’Italia che chiede scorciatoie” ha affermato, rispondendo indirettamente al primo ministro olandese, Mark Rutte, che ha detto a un giornale che all’ultimo Consiglio europeo “Olanda e Germania hanno bloccato il tentativo di Francia e Italia di ammorbidire le regole di bilancio”. Renzi spiega che la posizione italiana “non si riduce alla richiesta di cambiare le regole”, ma che il rispetto delle regole riguarda anche favorire la crescita. Il primo ministro non ha dimenticato un riferimento esplicito alla Gran Bretagna, che si allontana ma che, senza la quale, l’Europa sarebbe “meno ricca, meno Europa”.

Anche a sinistra ci sono state critiche al discorso di Renzi. Dai Verdi, è stato definito “ministro della parola”, sperando che si trasformi in “ministro dell’azione”. Il francese Jadot ha visto un vuoto sul fronte dell’impegno per le nuove energie, visto che l’Italia “non ha rotto con il passato”. Barbara Spinelli, per la Gue, non ha visto nel discorso di presentazione di Renzi una messa in discussione delle “regole economiche” che hanno dominato finora con i risultati deplorevoli che sono sotto gli occhi di tutti, né del “credo liberista” né delle riforme strutturali che hanno portato “lavoro sempre più precario”. “Tutto resta com’è – ha affermato Barbara Spinelli – cambiano solo le parole per dirlo”.

Il parlamento europeo è diviso ideologicamente e non sarà facile costruire una maggioranza a favore del rilancio economico, lo scontro si complica con l’intrecciarsi delle posizioni di partito e l’appartenenza nazionale. Renzi, che ha giocato anche a Strasburgo la carta della gioventù (“ai tempi di Maastricht non ero neanche maggiorenne”) ha un po’ destabilizzato l’istituzione con i riferimenti alla Grecia e alla Roma antiche, al Rinascimento, alle donne che lottano per la libertà dal Pakistan ai paesi arabi, alla “dignità” della politica o al “dovere di meritare l’eredità” dei padri fondatori. Ma basta prendere l’esempio dell’immigrazione per vedere gli scogli a cui andrà incontro il tentativo di far muovere qualcosa in Europa. Di “solidarietà” con quello che sta succedendo nel Mediterraneo hanno parlato solo dei deputati italiani (Pd, Gue).