Mario Draghi ha deluso nella sala degli Ercoli di Palazzo reale a Napoli, con il suo mutismo rispetto al montante di acquisti di obbligazioni garantite Abs e di covered bond, che la Bce dovrebbe mettere in atto da metà ottobre per due anni. Alla conclusione della riunione dei governatori della Bce, le Borse sono crollate. A Bruxelles, il francese Pierre Moscovici candidato alla carica di commissario agli Affari economici e monetari malgrado sia stato ministro delle finanze di un paese che non rispetta (e non rispetterà ancora per alcuni anni) il parametro del 3% di deficit, nell’audizione di fronte agli europarlamentari ha fatto il primo della classe. Ha affermato alto e forte: “sono qui per far rispettare le regole, lo faro’ per i prossimi 5 anni” e ha persino aggiunto con eccesso di zelo: “queste regole non sono stupide”, ma non è riuscito ad evitare una seconda audizione, nei prossimi giorni. Nella guerra per far uscire l’Europa dalla depressione economica, ieri i rigoristi hanno vinto una battaglia.

Draghi non ha precisato il montante dell’intervento della Bce, che mantiene i tassi bassi al record dello 0,05%. Gli acquisti potenziali di Abs e di prestiti cartolarizzati alle imprese potrebbero essere sui mille miliardi, saremo “il più incisivi possibile, ma con cautela” (difatti, le banche nel primo round di questa manovra, a metà settembre, sono state molto reticenti a prendere a prestito soldi concessi praticamente gratis dalla Bce, semplicemente perché non c’è domanda). Draghi è preoccupato: “la ripresa perde slancio”, da settembre c’è la conferma di un indebolimento. Ma le ricetta resta la stessa: “bisogna accelerare le riforme strutturali” (e c’è “fiducia nella Francia” perché le porti avanti). Il consiglio della Bce è stato pero’ “unanime” a promuovere “metodi non convenzionali” per cercare di far uscire la zona euro dalla crisi. Difatti, “sul medio e lungo termine”, ha precisato il presidente della Bce, “i rischi sono aumentati” sull’inflazione piatta (che nella vulgata si chiama deflazione). E, soprattutto, “la crescita è frenata dalla disoccupazione”. Il rischio è tale che Draghi si è di nuovo sentito in dovere di precisare che “l’euro è irreversibile”.

Contemporaneamente, mentre gli Ercoli napoletani non hanno ispirato Draghi con la loro energia, a Bruxelles Moscovici ha cercato di salvare la propria pelle: “qualunque paese, qualunque sia la sua storia o il suo peso, anche la Francia, deve rispettare le regole. Non saro’ per nulla indulgente, non voglio rovinare la credibilità del Patto. Né la mia”. Moscovici, sospettato da una eurodeputata liberale olandese di essere “un bracconiere” che vuole diventare “guardiacaccia”, ripete che “non c’è crescita senza diminuzione del debito”. E ha sottolineato che “ogni euro destinato al servizio del debito è un euro perso per gli ospedali, la scuola ecc.”. Ma nei fatti la Francia, colpevole di aver presentato mercoledi’ una finanziaria 2015 con un deficit del 4,3%, ieri ha avuto accesso a un nuovo record di tassi di interessi al ribasso, 3,5 miliardi ottenuti sui mercati a 1,23% su dieci anni. Quasi a pensare che i mercati abbiano più buon senso dei politici e dei banchieri centrali.

Il 15 ottobre, le finanziarie dovranno essere presentate a Bruxelles, per il vaglio della Commissione. Moscovici ha cercato di convincere che non gli tremerà la mano se dovrà punire Parigi per gli scarti sui parametri e ha persino detto che gli Eurbond “non sono di attualità” nei 5 anni della prossima Commissione. Ma il commissario in pectore ha evocato il presidente Jean-Claude Juncker (citato ben 23 volte in due ore) e l’impegno dei 300 miliardi di investimenti in Europa. Ha promesso la Tassa sulle transazioni finanziarie (accettata da 11 paesi) e ha avuto un pensiero per la Grecia, che visiterà appena confermato nella carica: “ho passato molto tempo con i colleghi per conservare la Grecia nell’euro – ha ricordato – so che bisogna essere meno intrusivi nel modo in cui si introducono le riforme, bisogna riformare la troika, perché sia più attenta al destino dei popoli”. Moscovici pensa anche alla Francia, dove l’estrema destra rischia di crescere ancora. Per il governo francese, o la va o la spacca: non ha chiesto un trattamento di favore, ma solo di applicare la “flessibilità” prevista nei Trattati. “La nostra politica economica non cambierà”, ha ancora ripetuto ieri il ministro delle Finanze, Michel Sapin.