Le relazioni tra Italia e Ue continuano a svilupparsi sotto la doppia influenza del referendum italiano e dello shock americano. Ma bisognerà aspettare sino al 5 dicembre per capire quanto sulla disponibilità europea pesi la necessità di dare una mano a Renzi nel momento più difficile e quanto invece l’elezione di Donald Trump imponga una sterzata meno transitoria.
Al momento, tuttavia, a Bruxelles l’Italia incassa e ieri ha portato a casa due successi. Puntuale è arrivato l’«ok con riserva» alla legge di bilancio. Il governo di Roma è in folta compagnia. Sono 13 i Paesi che verranno monitorati sino a gennaio, e tra questi anche la virtuosissima Germania, che quando si tratta di surplus commerciale dimentica ogni virtù. L’Italia però fa parte del gruppo di 6 Paesi che saranno oggetto di attenzioni più severe, quelli che vengono messi dalle rispettive leggi di bilancio a rischio di «mancato rispetto delle richieste derivanti dal Patto di Stabilità». In questa ristretta rosa, la situazione italiana è in realtà quella più delicata. Mentre la Ue aveva lodato le spiegazioni e le correzioni fornite da Belgio, Lituania, Slovenia e Finlandia, i chiarimenti dell’Italia e di Cipro erano stati considerati insufficienti. Nella legge italiana c’è «una significativa deviazione» rispetto agli obiettivi prefissati.
Messo così il rinvio a gennaio sembrerebbe di cattivo auspicio. Più di questo, prima del referendum, l’Europa non può dire ma su queste basi le attese per il verdetto dovrebbero essere più pessimiste che rosee. Il commissario all’Economia Moscovici raddrizza in parte la situazione: «Nel bilancio italiano ci sono deviazioni, anche se ridotte considerando le spese per i migranti e per il terremoto. Non abbiamo respinto la legge perché sarebbe stato un gesto grave. Ma il gap ancora c’è e bisognerà ridurlo».

Moscovici assicura anche che l’esito del referendum non inciderà sul giudizio europeo. In effetti quel che incide non è tanto l’esito del referendum quanto la necessità di non rendere più difficile la vita a Renzi aprendo un contenzioso serio ora. Se ne riparlerà dal 5 dicembre, quando Eurogruppo ed Ecofin torneranno a esaminare la manovra e qualcosa in più l’Italia dovrà fare.
A dicembre si riparlerà anche del bilancio pluriennale della Ue. Nella «riunione di riconciliazione» che avrebbe dovuto sanare la ferita provocata dalla «riserva» italiana, la stessa Italia, per bocca dell’eurodeputato renziano in commissione Bilancio Daniele Viotti, ha ripetuto parola per parola le motivazione della «riserva», in sintesi pochi fondi per l’emergenza migrazione e l’occupazione giovanile. Ha chiesto e ottenuto di sospendere la discussione fino a dicembre, scindendone le sorti da quella che riguarda il bilancio 2017.

Anche su questo fronte l’effetto referendum è determinante. A Bruxelles sanno che il leader italiano deve attaccare senza requie l’Europa, come ha fatto anche ieri, e battere i pugni se vuole proporsi come il Trump italiano e intercettare una parte almeno dei voti anti-sistema. Sono consapevoli e comprensivi. Il discorso reale riprenderà il 5 dicembre. Fino a quel momento è teatro.
Solo che in mezzo ci si è messo il ciclone Trump. Se il progetto iniziale non andava oltre una messa in scena a uso referendario, ora la paura a Bruxelles ha raggiunto i livelli di guardia, ed è possibile che giochi a favore dell’Italia anche dopo il 4 dicembre. Non a caso proprio ieri la Commissione europea ha presentato un documento in cui si parla esplicitamente del «bisogno di perseguire politiche che supportino la crescita, rimuovendo i colli di bottiglia che frenano gli investimenti e la creazione di posti di lavoro». La ricetta? «I paesi con alto debito dovrebbero aumentare la produttività, i paesi con surplus dovrebbero incrementare la domanda interna e gli investimenti».
Il ministro Padoan ha scelto di leggere nel documento una «fine del rigore» che rivendica come «vittoria italiana». L’entusiasmo è certamente esagerato, ma il documento rivela che la Ue sente le acque alzarsi sempre più e sa che ora qualche seria correzione di rotta è inevitabile. Sempre che i falchi lo consentano.