Sono in pieno svolgimento grandi manovre intorno al glifosato, l’erbicida più impiegato in agricoltura e che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) definì nel 2015 «probabilmente cancerogeno». L’Unione Europea sta valutando il rinnovo dell’autorizzazione concessa nel 2017 che scade il 15 dicembre di quest’anno. Nel 2019 un gruppo di aziende agrochimiche denominato Gruppo per il rinnovo del glifosato (Grg), formato dalle principali società che hanno interesse a continuare il suo utilizzo, ha formalmente fatto domanda di rinnovo, allegando un dossier volto a dimostrare che il principio attivo non è nocivo all’ambiente e alla salute umana. La richiesta ha attivato le procedure previste dalla legislazione dell’Ue.

LA COMMISSIONE EUROPEA HA NOMINATO un Gruppo di valutazione costituito da quattro Stati membri (Francia, Ungheria, Svezia, Paesi Bassi) per fungere da relatori ed effettuare la valutazione iniziale. Nel giugno del 2021, dopo più di un anno di lavoro, il Gruppo di valutazione ha presentato il suo rapporto lungo 11 mila pagine alla Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e alla Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche). Nel rapporto vengono riproposti gli studi forniti dalle aziende agrochimiche interessate alla nuova autorizzazione, non mostrando contrarietà all’impiego del glifosato in quanto non emergerebbero elementi sufficienti a ritenerlo mutageno e cancerogeno.

SIAMO DI FRONTE A UNA PRESA di posizione sconcertante, basata su dati forniti dalle aziende e che mette le basi per il rinnovo dell’autorizzazione. Per un periodo di 60 giorni tutte le parti interessate hanno potuto consultare il rapporto del Gruppo di valutazione ed esprimere osservazioni e commenti. Le consultazioni organizzate dall’Echa e dalla Efsa si sono concluse il 22 novembre 2021 e hanno prodotto 416 contributi. Saranno queste due agenzie di regolamentazione a esprimersi sulla valutazione del pericolo e dei rischi che comporta l’impiego del glifosato.

IL DOCUMENTO CONCLUSIVO E’ PRESENTE entro giugno di quest’anno, con la possibilità di andare oltre questa data per ulteriori approfondimenti. Solo al termine di questo percorso e sulla base del giudizio espresso dai due organismi, la Commissione europea presenterà una proposta legislativa ai paesi dell’Ue. Tutto lineare, dunque? I contributi forniti nelle consultazioni pubbliche dagli organismi che tutelano salute e ambiente avranno un peso nel giudizio finale? L’Health and environment alliance (Heal), organizzazione europea che raggruppa decine di associazioni in difesa di salute e ambiente, nel dicembre scorso ha lanciato un appello alla commissaria alla salute Stella Kyriakides. Si denuncia che «la valutazione per il rinnovo all’impiego del glifosato e che vede impegnati Efsa e Echa è ancora basata su studi forniti dall’industria chimica e non prende in considerazione tutti i dati scientifici disponibili».

NELL’APPELLO SI CHIEDE alla Commissione europea di tenere conto nella sua valutazione della tossicità a lungo termine del glifosato. La battaglia che si sta combattendOva avanti da tre decenni e mostra il potere che hanno le multinazionali dell’agroindustria nel condizionare la ricerca e le decisioni degli organismi di controllo.

IN QUESTI ANNI LE CARTE TRUCCATE per consentire l’uso dell’erbicida sono state utilizzate a piene mani. Nel 2017, l’Efsa aveva usato i dati e i documenti elaborati dalla Monsanto per arrivare alla conclusione che «il glifosato non è cancerogeno né genotossico». Sulla base di quel rapporto l’Ue stava per autorizzare l’uso del diserbante per altri 15 anni, ridotti a 5 dopo l’inchiesta giornalistica pubblicata sul The Guardian che mostrava come l’Efsa avesse fatto una operazione di copia e incolla dei documenti della multinazionale americana.

UNA RICERCA SCIENTIFICA indipendente portata avanti dall’Università di Vienna e resa nota nel luglio del 2021 ha mostrato che dei 53 studi di tossicità prodotti dalle società chimiche nel 2017, soltanto due risultavano «affidabili» dal punto di vista metodologico. La storia rischia di ripetersi.

ANCHE IN QUESTI MESI SONO MOLTI i dubbi che vengono sollevati sulla credibilità degli studi presentati dalle aziende per ottenere l’ulteriore proroga all’impiego del principio attivo. Sono le stesse industrie che producono i pesticidi a partecipare alla progettazione dei metodi per la valutazione del rischio e i loro studi finiscono per essere il punto di riferimento per le istituzioni nelle decisioni in materia sanitaria.

SONO 300 LE MOLECOLE AUTORIZZATE in Europa in campo agricolo e almeno il 5% è considerato tossico. Ma gli studi di tossicità sono svolti in gran parte dalle aziende produttrici, che non hanno interesse a divulgarli. Di positivo c’è la sentenza della Corte europea del 2019 che ha abolito il divieto di accesso agli studi sulla tossicità del glifosato. Era stata l’Efsa a negare a quattro parlamentari europei la consultazione di documenti in suo possesso con la motivazione che «la divulgazione delle informazioni avrebbe potuto arrecare un serio pregiudizio agli interessi commerciali e finanziari delle imprese».

LA CORTE HA STABILITO CHE L’EFSA deve aprire i suoi archivi e consentire la visione di tutti i documenti, perché «l’interesse dei cittadini ad accedere alle informazioni non è solo quello di sapere cosa potrà essere rilasciato nell’ambiente, ma anche in che modo l’ambiente rischia di essere danneggiato». Dunque, la salute dei cittadini e l’interesse pubblico viene prima degli interessi delle imprese.

SONO POCHI GLI ISTITUTI DI RICERCA in grado di portare avanti studi liberi dai condizionamenti dell’industria agrochimica. Uno di questi è sicuramente l’Istituto Ramazzini di Bologna che, sotto la direzione scientifica di Fiorella Belpoggi, ha condotto uno studio globale sul glifosato. E’ stato dimostrato che la sostanza anche a dosi considerate «sicure» è un interferente endocrino che può determinare genotossicità col rischio di causare mutazioni che portano all’insorgenza di tumori. Il dibattito sul glifosato e sui pesticidi in questi mesi andrà avanti. La decisione che la Commissione europea dovrà prendere nei prossimi mesi non è semplice, anche perché i singoli paesi europei non spingono certamente verso una sospensione dell’utilizzo del glifosato. Ma rispetto al 2017 le ricerche indipendenti hanno fornito nuovi elementi sui danni che l’erbicida produce su salute e ambiente. Bisogna vedere in che misura prevarrà la volontà di sottrarsi alle pressioni delle industrie agrochimiche.