Compromesso sul Mes solo per le spese sanitarie senza condizioni, cioè l’austerità; sul ruolo del Banca europea degli investimenti e sul meccanismo anti-disoccupazione «Eurobond» della Commissione Ue.

Nelle conclusioni dell’Eurogruppo dei 27 ministri economici, il più lungo della storia europea, non si parla degli «Eurobond». La discussione sulla proposta franco-tedesca del «fondo per la ripresa» è stata rinviata alla riunione dei capi di stato in un consiglio europeo da tenere dopo pasqua.

Nelle trattative preliminari il presidente Mario Centeno aveva già annunciato che l’accordo era vicino, ma l’incontro telematico è stato rinviato più volte. In serata a Centeno è stato dato l’incarico di inviare una lettera ai capi di governo, separando il problema del fondo comune dalle conclusioni del vertice.

Alle conclusioni hanno lavorato in particolare Francia, Germania, Italia e Olanda che in mattinata si era presentata con due mozioni parlamentari contro le modifiche del Mes e l’ipotesi del fondo comune. Le sue posizioni si sono ammorbidite nel corso di una giornata frenetica.

«IL SOLO REQUISITO per accedere alla linea di credito del Mes sarà che gli Stati si impegnino a usarla per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19 – si è letto nelle conclusioni dell’Eurogruppo – La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza. Dopo, gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità».

«NELL’AMBITO DEL MES abbiamo concordato di usare una linea di credito mai usata prima» ha detto il direttore generale del Mes, Klaus Regling al termine dell’Eurogruppo. La misura è definita «Sostegno alla crisi della pandemia» e permetterà «a tutti gli Stati dell’eurozona di attingere al credito, per sostenere il finanziamento di spese sanitarie collegate al Covid-19, per un ammontare fino al 2% del Pil». I fondi possono essere attivati in due settimane. Per l’Italia sarebbero previsti circa 35 miliardi, poco più del totale previsto per il decreto Cura Italia.

«LE LINEE di credito sono delle polizze di assicurazione» ha detto il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, pensate per risarcire un danno e non come un prestito da restituire con gli interessi. L’Italia è il terzo contributore in Europa di questo meccanismo con 18 miliardi di euro.

«SONO STATI MESSI sul tavolo i bond europei, e sono state tolte dal tavolo le condizionalità del Mes. Ai paesi che vorranno farvi ricorso, sarà possibile accedere a una nuova linea di credito dedicata unicamente all’emergenza sanitaria, che sarà totalmente priva di ogni condizionalità presente e futura. Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa. Ci batteremo per realizzarla» ha commentato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

GUALTIERI non ha chiarito se il governo italiano intende fare ricorso a questa linea di credito del Mes né, eventualmente, in quali tempi. Il governo si era ufficialmente presentato al tavolo con un netto rifiuto del Mes lo stesso Gualtieri, solo poche ore prima dell’accordo, aveva definito in un’intervista a Il Sole 24 ore il Mes «uno strumento non adatto» per affrontare la crisi.

[do action=”quote” autore=”Roberto Gualtieri”]«Il Mes non è uno strumento adatto per affrontare la crisi»[/do]

Al termine della giornata il governo ha ottenuto un riferimento generico a un bond comune che non è l'”Eurobond” bocciato chiaramente ieri mattina dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Potrebbe essere un titolo vicino a quello pensato nell’accordo tra Francia e Germania che hanno trovato l’intesa sul fondo comune della ripresa che non sembra al momento essere la stessa cosa.

Prima del compromesso all’Eurogruppo non è sembrato opportuno al governo italiano accodarsi all’intesa franco-tedesca, mantenendo la linea No al Mes, sì all’Eurobond.

[do action=”quote” autore=”Giuseppe Conte”]«No al Mes, sì agli Eurobond»[/do]

QUESTO SLOGAN non è stato solo controproducente, ha cancellato la linea diplomatica seguita dal governo in questi giorni e, del resto, annunciata dallo stesso premier Conte in alcuni virgolettati riportati dal Financial Times 19 marzo scorso.

Roma ha trattato per cambiare gli scopi del Mes, limitatamente alle spese sanitarie. Lo hanno confermato alcune fonti dal Ministero dell’Economia che, dopo mezzanotte, hanno ritenuto opportuno precisare che sulla creazione di una nuova linea di credito del Mes «non ci sono richieste di austerità o aggiustamento del deficit, ma si chiede solo che i fondi e le risorse per affrontare le spese sanitarie. Si tratta di un radicale cambiamento della normale operatività del Mes».

LA CONFUSIONE tra la linea ufficiale annunciata e la diplomazia reale su un tema delicato per la politica italiana ha provocato l’immediata reazione di chi considera la stessa possibilità di richiedere tale credito “una caporetto” ha detto Matteo Salvini.

Il segretario della Lega presenterà una mozione di sfiducia per il ministro Gualtieri. «Non ci sono gli Eurobond che voleva Conte ma c’è il Mes, una drammatica ipoteca sul futuro». Per Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) il compromesso raggiunto ieri sera è «una messa sotto tutela» dell’Italia.

LE PRIME VOCI CONTRARIE si sono ascoltate ieri notte anche dalle parti dei Cinque Stelle. «Lo dico a chiare lettere: se il governo ha detto sì al Mes, questa maggioranza non avrà più il mio voto», avverte il senatore MIchele Giarrusso.

Da sempre contrari ad ogni ricorso al Mes, non si contano le dichiarazioni in questo senso delle ultime ore, i Cinque Stelle dovranno affrontare quella che sembra una contraddizione rispetto alla loro linea politica. «Non è un sì al Mes, siamo stati chiari, mi aspetto che il presidente faccia ciò che ha dichiarato in questi giorni e che noi dichiariamo da anni! Aspetto che parli il presidente Conte» ha detto il sottosegretario M5S all’Economia Alessio Villarosa. Non dev’essere stato consultato dal suo ministro durante le trattative. Fino a mezzanotte e mezza Conte non ha parlato.

«NON E’ una mediazione ma una capitolazione. Ha pesato il fatto che l’Italia continua a non chiedere che la Bce faccia il mestiere delle banche centrali – ha commentato il segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo – Il Presidente del Consiglio aveva detto no al Mes. Mantenga la parola».

[do action=”quote” autore=”Angela Merkel”]«Io non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli eurobond»[/do]

DA BERLINO sugli Eurobond nella mattina di ieri era già giunto un segnale politico. In una video conferenza con i dirigenti del suo partito Cdu la cancelliera Angela Merkel ha detto una parola chiara, e definitiva, su un equivoco tutto italiano, alimentato anche dal governo. «Voi sapete – ha detto – che io non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli eurobond».

Dunque, sui cosiddetti «coronabond», che indica titoli di debito comune per finanziare la crisi provocata dal coronavirus, «non c’è consenso politico». Con i tre strumenti «su cui spero si possa raggiungere un accordo» si mettono a disposizione «molti miliardi di euro» ha aggiunto Merkel indicando l’oggetto della trattativa: il coordinamento fra il Mes, l’ampliamento della Bei e il programma Sure.

Insieme questi strumenti – nei primi due casi da ripensare e nell’ultimo da istituire da parte della Commissione Ue – non sembrano invece essere all’altezza dell’enormità delle cifre di cui ci sarebbe bisogno per finanziare una risposta. Si parla infatti di un totale poco superiore ai 500 miliardi di euro (tra Mes, Bei e Sure), mentre ne occorrerebbe almeno 1500 per dare solo una prima risposta.

QUESTA CIFRA è stata ipotizzata dai commissari Ue all’economia e al mercato interno Paolo Gentiloni e Thierry Breton. Ieri però è stata ridimensionata da una valutazione fatta dal ministro francese delle finanze Bruno Le Maire secondo il quale la somma mobilitata da tutto il pacchetto delle misure è di mille miliardi.

Oltre ai cinquecento stanziati complessivamente dalle altre misure, il “fondo comune” dovrebbe consistere in 500 miliardi, ovvero un terzo del totale previsto da Gentiloni e Breton. Il fondo, ha precisato Le Maire avrà un oggetto specifico e sarà limitato nel tempo, restano da definire le modalità di finanziamento.

Tutte le opzioni sono aperte e tra queste ci potrebbe essere un debito comune fatto attraverso emissioni di titoli da parte della Commissione Europea.Lo ha confermato ieri notte il Commissario Ue Paolo Gentiloni secondo il quale il fondo per la ripresa «dovrebbe essere collegato al bilancio Ue».

La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen «presenterà la proposta» di Bruxelles «sul nuovo bilancio alla fine di questo mese».

SUL FONDO COMUNE per la ripresa c’è una discussione tra Parigi e Berlino. Non sono state ancora definite le modalità, la tempistica e il soggetto che dovrebbe gestire il fondo finanziato con obbligazioni che concede un prestito per una durata limitata e vincolata all’obiettivo degli investimenti nella sanità, settore automobilistico, trasporto aereo, tecnologie come il 5G. Sono questi settori elencati dallo stesso Le Maire in un’intervista al Financial Times del 1 aprile.

L’IPOTESI generale è stata considerata positivamente» dalla presidente della Bce Christine Lagarde: «È un fondo di ricostruzione che sia finanziato collettivamente, vale a dire dove si mettano insieme tutti i sottoscrittori, i migliori e quelli meno buoni, sarebbe magnifica» ha detto.

IL COMMISSARIO UE all’economia Gentiloni ha parlato di «un pacchetto di dimensioni senza precedenti». E’ tuttavia possibile che gli importi delle misure – che non è escluso siano aumentate – risultino inadeguati per sostenere la gravità dei danni e coprire una parte delle risorse necessarie ai paesi colpiti dalla crisi, a cominciare dall’Italia. I veti incrociati tra i governi, e i limiti dell’azione politica del governo Merkel condizionato da una parte della Cdu e dalla destra di Alternative für deutschland, hanno confinato la ricerca di nuovi strumenti a uno strumentario che appare inadeguato per affrontare la nuova crisi e, per di più, soggetto al ritorno dell’austerità una volta terminata l’emergenza di cui ancora non si conosce né la durata, né i veri costi.

Non è detto che i governi siano in grado di rispettarla nei prossimi dieci o vent’anni.

Si resta molto lontani dall’alternativa che potrebbe essere incentrata sul carattere pubblico della Banca Centrale Europea come prestatrice di ultima istanza e garante illimitato del debito pubblico degli Stati, oltre che da una comune politica economica a livello europeo. Le condizioni politiche non ci sono.