Le politiche monetarie ultra-espansive della Bce non bastano più. Lo dice Draghi. La cura della crisi di liquidità con iniezioni di liquidità non ha prodotto guarigione, ma solo effetti collaterali: socializzazione delle perdite e salvaguardia della rendita. È la prima crisi in cui i debiti aumentano anziché cancellarsi. Il Quantitative Easing perde efficacia, e nel frattempo alimenta le disuguaglianze.

L’ossessione per la stabilità finanziaria ha prodotto una stabilità senza ripresa reale. Dunque oltre il danno, la beffa: il piano di salvataggio del sistema finanziario non sta salvando nemmeno le banche. In Europa, il riassorbimento degli squilibri fra paesi debitori e creditori è passato per la depressione di domanda, investimenti e Pil.

Conseguenza: l’Europa ha cauterizzato le proprie ferite interne per rafforzarsi all’esterno, aumentando così la propria dipendenza dal ciclo internazionale, ipotecando la ripresa mondiale e alimentando le tensioni geopolitiche.

In tutto questo, il mainstream abbandona con disinvoltura posizioni ideologiche prima difese con nonchalance: ammette di aver negletto il ruolo della finanza nei modelli macroeconomici (Blanchard), dichiara lo stato di stagnazione secolare (Summers), e chiede politiche fiscali espansive e «aggressive».

Oggi tutti vogliono, almeno a parole, investire e crescere. Ma nessuno vede, o vedendo ammette, che l’aumento della domanda attivato da politiche espansive riattiverebbe gli squilibri commerciali che hanno portato alla crisi. E all’interno di un’Unione che impone l’onere del riaggiustamento ai soli debitori.

Ecco la gabbia in cui ci siamo cacciati da soli, il «Titanic», che rischia di affondare perché produce da sé gli iceberg da cui credeva di essere invulnerabile. Con un «effetto Titanic» anche sul piano politico: dove vigono deflazione e scarsità, lo slogan è «si salvi chi può». Ma non prima donne e bambini, ma «glitaliani». Si tratta di uscire dalla gabbia.

Come? Uscendo o riformando? Riformando. Lo dico dal 2012: se l’euro come è stato costruito ha generato i malanni che impedisce di curare, si impone una modifica del suo funzionamento. Non serve nemmeno una modifica dei trattati, basta applicare dispositivi già previsti e mai attuati. Innanzitutto, la procedura per gli squilibri macroeconomici prevede simmetria, stabilendo un tetto e una sanzione ai surplus eccessivi. Il tema politico è chiaro: c’è una nazione che è sistematicamente in infrazione rispetto a questo parametro, e che evita sanzioni solo grazie al suo peso politico.

Ma c’è un secondo elemento, previsto ma non applicato, che potrebbe dare forza al primo: i tassi di interesse negativi che nel 2014 la Bce ha introdotto sulle riserve bancarie in eccesso, e che dovrebbero essere applicati anche ai saldi Target 2, ossia a quei saldi che i paesi in surplus hanno accumulato presso la Bce e che ammontano oggi a circa mille miliardi di euro.

Target 2 è una camera di compensazione che registra tutti i pagamenti, di merci e titoli, fra paesi dell’Eurozona. In pareggio fino alla crisi, è «esplosa» dopo, contribuendo a salvare l’euro dall’implosione: ha finanziato gli squilibri, ma non ha fatto niente per riassorbirli.

Applicare tassi negativi sui saldi dei paesi in surplus indurrebbe i paesi che possono permetterselo a spendere di più, sostenendo la ripresa di tutta l’Europa. In surplus non devono «aiutare» i paesi in deficit a «sostenere» i loro debiti (sempre a pagamento beninteso). Devono assumersi la responsabilità di spendere i propri surplus a beneficio della crescita e dell’occupazione dell’Unione. I proventi della tassazione dei saldi Target 2 potrebbero confluire in un fondo gestito dalla Bei per politiche sociali o ambientali.

Non si tratta elemosinare condoni, ma di pretendere reciprocità. E di farlo invocando un comune interesse. Non è utopia. Basta riprendere una buona teoria (Keynes) e buone pratiche (l’Unione Europea dei Pagamenti).Ma non c’è molto tempo.

*Candidato per La Sinistra, circoscrizione Nord Ovest. Docente di storia economica alla Bocconi di Milano