Roberto Rossi, capo della procura di Arezzo e titolare dell’inchiesta su Banca Etruria, audito ieri dalla commissione d’inchiesta sulle banche, offre a Matteo Renzi e ai suoi alti ufficiali una palla portentosa. Scagiona il padre di Maria Elena Boschi da ogni responsabilità nella crisi di Banca Etruria e mette invece sotto accusa la Banca d’Italia. Il segretario del Pd, crocefisso per la gestione delle crisi bancarie da parte del suo governo, non si lascia scappare l’occasione. Apre il fuoco ad alzo zero su Bankitalia e prepara l’affondo finale per quando, prima delle feste, su un banco che somiglia come una goccia d’acqua a quello degli imputati ci saranno Ignazio Visco e Giuseppe Vegas, il governatore della banca centrale e il massimo dirigente della Consob.

Ufficialmente Renzi per ora tace. Lascia però filtrare dal treno un commento minaccioso: «La verità viene a galla». Il suo alter ego al Senato, Andrea Marcucci, va ben oltre: «Quel che sta emergendo ha dell’inenarrabile. Bankitalia non ha vigilato per niente». Il più pesante però è, al solito, Matteo Orfini, capogruppo in commissione: «Si sta sgretolando un castello di sciocchezze e sta emergendo la vera responsabilità che è di Bankitalia. Ci prepariamo a chiedere conto a Visco e Vegas». Guerra totale e niente prigionieri.

Come ha fatto il pm Rossi a fornire al Pd le armi necessarie per scatenare l’offensiva finale contro il governatore confermato per volere di Mattarella e contro il parere di Renzi, che si era spinto sino alla mozione di sfiducia contro Visco? Prima di tutto, nonostante un martellante “interrogatorio” da parte del 5 Stelle Sibilia, ha tenuto botta confermando l’assoluta estraneità di Pier Luigi Boschi alle scelte che hanno travolto Banca Etruria: «Sono della vecchia scuola. Per me le persone si distinguono non per di chi sono figli o padri ma per i loro comportamenti. Noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere». Ma sulle delibere, cioè sulle scelte sbagliate che hanno portato Etruria al collasso, Boschi senior non ha niente a che fare, insiste il magistrato (che è stato consulente di palazzo Chigi dal 2013 al 2015, quando già indagava su Banca Etruria, anche se il Csm ha negato l’esistenza di elementi tali da metterne in dubbio l’imparzialità).

La banca centrale, invece, proprio non può essere scagionata. Fu infatti Bankitalia a insistere per la fusione con la Popolare di Vicenza, tracollata nel giugno scorso, e indicata tra le righe come «partner di elevato standing» nonostante proprio le audizioni in commissione abbiano dimostrato che la Banca d’Italia era consapevole di quanto fragile fosse la Popolare sin dal 2012. «Ci è sembrato un po’ strano – afferma Rossi in vistoso understatement – dal momento che nella relazione del 2012 ci sono inadeguatezza degli organi, crediti deteriorati e anche azioni baciate che almeno quelle ad Arezzo non ce le avevamo». Orfini non perde tempo con l’understatement. «Da un lato è emersa la solita mancanza di comunicazione tra Bankitalia e Consob», dice alludendo al rimpallo di accuse tra i due organi di vigilanza sulle banche venete. Poi rincara su Arezzo: «Dall’altro lato la Popolare di Vicenza è stata considerata da Bankitalia un player intorno al quale far ruotare operazioni bancarie nonostante le fragilità della stessa Popolare fossero note alla Banca d’Italia».

In realtà c’è di peggio. La mancata fusione con la banca vicentina fu non solo severamente criticata ma anche sanzionata da Bankitalia. Proprio la non ottemperanza alla indicazione sbagliata della banca centrale è all’origine del commissariamento di Etruria. E per completare un quadro catastrofico viene ripescata l’audizione di Visco alla Camera del 2016 nella quale il governatore negava che la mancata fusione avesse determinato la richiesta di commissariamento.

Bankitalia replica con una lunga e dettagliata nota in cui nega ogni addebito sostenendo di essersi limitata a suggerire l’opportunità di una aggregazione e di aver contestato a Banca Etruria il non aver neppure preso in considerazione la Popolare di Vicenza. La commissione vaglierà nei prossimi giorni la tesi di palazzo Koch, che appare però debole. E Matteo Renzi si prepara comunque a dare il colpo di grazia.