I battiti del cuore aumentano e diminuiscono spesso per motivi insondabili, un’agitazione improvvisa o un cedimento altrettanto repentino a scuotere l’intero corpo. Non si riesce a razionalizzare, a dare una spiegazione, eppure dentro è accaduto qualcosa. E certamente esiste un legame con la realtà circostante, da qualche parte è stata generata una scintilla che ha provocato quella accelerazione o rallentamento. Ma dove, quando, perché?

UN CONTINUO sentire, talvolta impercettibile, che ci guida senza un fondamento e che, al tempo stesso, ci avvicina o ci allontana da ciò che è prossimo. Emozioni che ci spingono a fare o a non fare, ad agire o a non agire, a essere adeguati o inadeguati nello spazio nel quale viviamo giorno dopo giorno, sereni o estraniati, consapevoli o oppressi, vittime o carnefici, in pace o in guerra, dediti o apatici, visibili o invisibili. E se quei sentimenti che ci orientano e che ci fanno attraversare il mondo, fossero tenuti nascosti, resi inerti come dei fantasmi che si muovono ma non possono toccare, sepolti nei meandri della mente, cosa accadrebbe? Che ne sarebbe di noi?

«Meryem, noi tutti abbiamo delle emozioni che reprimiamo e che non possiamo condividere con i nostri cari. Emozioni di cui non possiamo parlare o a cui non possiamo abbandonarci. Questo capita a tutti. Però a volte questo può provocare dei problemi di salute. Così come l’acqua trova sempre una crepa nella roccia, queste emozioni troveranno una crepa nella nostra vita».

A rispondere (inconsapevolmente) alle domande appena poste è Peri, una psicologa che ha in cura Meryem, giovane donna che vive nella periferia di Istanbul e che ha accusato una serie di inspiegabili svenimenti. Entrambe, Peri e Meryem, sono tra le protagoniste della serie visibile su Netflix, Ethos. Un dramma con risvolti da commedia in otto puntate, scritto e diretto da Berkum Oya, da considerare tra i migliori prodotti seriali dell’anno perché con tocco leggero (che flirta in modo intelligente con la soap opera) riesce a indagare l’animo umano in profondità, attraverso la semplicità dei sentimenti e la complessità degli esiti che essi producono.

Insieme a Meryem, che si potrebbe considerare il personaggio principale perché è attraverso di lei che, direttamente o meno, le altre figure si rivelano, e Peri, culturalmente e politicamente agli antipodi della sua paziente, vi sono altre donne e uomini, per un racconto corale nel quale il non detto e il non esperito trascinano questa strana collettività verso il baratro. Un gruppo di persone che non riesce a esprimersi in modo diretto, sincero. Tutti cercano di reprimere ciò che agita il loro cuore (pene d’amore, lutti, sesso, religione, malattia, lavoro…) per poi implodere. Tutti dicono e parlano a un altro che non sia il prossimo a cui veramente dovrebbero riferirsi. Meryem a Peri, Peri a Gülbin, Gülbin a Melisa, Melisa a…

RICOMPONENDO faticosamente i segmenti delle diverse esistenze, emergono in superficie il passato e il vissuto dei personaggi. E si può immaginare un loro possibile futuro (una seconda stagione?). Ma è soprattutto quello che accade dentro di loro a sorprendere continuamente lo spettatore, quasi si trattasse di un thriller delle anime.
«In alcuni momenti della vita, Meryem, ci sentiamo emotivamente bloccati – continua Peri –. Ci sembra di non riuscire a esprimere ciò che sentiamo. Ognuno di noi reprime delle emozioni per motivi diversi, in momenti diversi della propria vita. Come se i nostri sentimenti venissero rinchiusi in una gabbia e non riuscissero più a uscire. Queste emozioni sono necessarie e utili, Meryem. Dobbiamo consentire a noi stessi di vivere tutti questi sentimenti».

Si è scritto in molte recensioni che questa serie ha il pregio di raccontare la Turchia contemporanea, guardando alle diverse opposizioni tra i personaggi e i contesti: uomo/donna, centro/periferia, religione/laicismo, passato/presente e altre ancora. Vero e anche tremendamente riduttivo. In realtà, le storie che si incrociano, si sfiorano, si toccano senza saperlo, si generano e si moltiplicano, riguardano individui che nel mondo riescono o meno a legarsi ad altri individui. Di nuovo sentimenti ed emozioni che, di fatto, lasciano un segno indelebile nel politico. Solo riappropriandosi della vita, si può stare con gli altri e costruire, senza sottomettersi a delle regole inanimate.

E ALLORA, come abbiamo iniziato, così finiamo con Peri, il personaggio che ha una delle traiettorie esistenziali più sorprendenti, poiché rintraccia la vita celata dietro uno stereotipo: «Le emozioni sono un ponte che permette a te, a me, a tutti noi, di scoprire chi siamo veramente e di capire cos’è che vogliamo. Reprimere le proprie emozioni vuol dire solo portare un grosso fardello».