Nuovi tagli al personale, con una riduzione di 2670 unità fra uscite e nuovi ingressi, che porterà nel 2025 il Monte dei Paschi ad avere meno di ventimila addetti. In parallelo una ricapitalizzazione fra i 2 e i 2,5 miliardi, per coprire una carenza di patrimonio regolamentare che al 31 marzo prossimo è quantificato in oltre 300 milioni, e al primo gennaio 2022 in circa 1,5 miliardi.
In sintesi è questo il nuovo piano industriale 2021-25 di Rocca Salimbeni, che ha avuto il via libera del cda e che è stato elaborato «ipotizzando iniziative strategiche coerenti con un sostanziale mantenimento dell’attuale modello operativo e dell’infrastruttura tecnologica della banca, al fine di non porre vincoli ad ipotesi aggregative». Quelle decise dal governo con il Dpcm del 16 ottobre, in cui veniva confermata la dismissione entro la fine del 2021 delle quote azionarie in capo al Tesoro (68,25%). Ma che continuano ad essere discusse e contestate, visto che il M5S e una parte del Pd, in testa il presidente toscano Eugenio Giani, chiedono al Mef di rinviare l’operazione di uscita dal capitale della banca. In parallelo i sindacati di categoria, Fabi in testa, hanno alzato le barricate, visto che la fusione secondo i loro calcoli porterebbe a 6-7mila esuberi. Per ora nel piano dell’ad Mps, Guido Bastianini, le uscite di personale dovrebbero essere volontarie, con pensionamenti e prepensionamenti, e affiancate da nuovi ingressi con un rapporto fra assunzioni e uscite che per il Monte, nell’ultimo anno, è sempre stato di uno a due.
Nel mentre vanno avanti le indiscrezioni che vedono il Monte dei Paschi già cotto e mangiato. Per l’agenzia statunitense Bloomberg ad esempio il Tesoro starebbe intensificando gli sforzi per cedere Mps a Unicredit, con l’obiettivo di chiudere l’operazione all’inizio del 2021, e ratificarla nelle assemblee primaverili delle due banche. La molle risposta di un Tesoro («Nessuna decisione è stata presa») che conferma la volontà del governo di vendere Mps «così da ottemperare agli impegni presi dall’Italia con le autorità europee», fa capire da chi Bloomberg ha avuto l’indiscrezione.
Dal ministero di Roberto Gualtieri, il più acceso sostenitore della riprivatizzazione di Mps, si specifica che gli incentivi fiscali alle fusioni contenuti nella bozza della legge di bilancio, «non hanno un target specifico, lo scopo è piuttosto fornire incentivi alle aggregazioni, allo scopo di affrontare il problema di lunga data della dimensione inadeguata delle imprese industriali e finanziarie». Sul tema resta in discussione l’emendamento alla legge di bilancio del 5 Stelle Giovanni Currò che permetterebbe di trasformare le attività fiscali differite in crediti fiscali non solo in caso di fusione ma anche per realizzare aumenti di capitale. Una norma che potrebbe consentire di tenere Mps in mano pubblica, senza però ricapitalizzazione da parte dello stato.