Se la vittoria di Angela Merkel appare scontata, la peggiore sorpresa delle elezioni tedesche potrebbe arrivare da una forte affermazione dell’Alternative für Deutschland, il partito xenofobo e nazionalista che stando ai sondaggi dovrebbe non solo superare la soglia di sbarramento del 5%, ma volare senza problemi anche al di là del simbolico 10% dei consensi, divenendo così la terza forza politica del paese e riportando per la prima volta l’estrema destra nel Bundestag dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Una prospettiva inquietante su cui in queste ore riflettono studiosi e opinionisti come il politologo dell’Università di Lipsia, Hendrik Träger che da anni studia i flussi elettorali e la crescita delle destre.

 

Hendrik Träger

L’AfD oltre il 10%? Lo crede possibile e su quali basi può accadere?

Solo un mese fa non avrei mai detto che l’AfD avrebbe raggiunto un numero a due cifre, ma ora penso che raccoglierà tra il 10 e il 12%. Quanto ai motivi che rendono probabile un tale risultato per un partito che è soggetto a oscillazioni costanti nelle intenzioni di voto a seconda che i suoi temi favoriti siano o meno al centro del dibattito pubblico, è facile individuarli. Da tempo la scena pubblica, specie quella mediatica, è dominata dallo scontro sulla politica nei confronti dei rifugiati, il diritto d’asilo e l’Islam: perciò loro guadagnano consensi.

Dall’apertura ai rifugiati di Merkel, nel 2015, le cose sono però cambiate molto, davvero questo tema ha ancora tanta presa sull’elettorato?

Secondo diverse indagini, è ancora la questione dominante per moltissimi tedeschi. Già due anni fa i timori di fronte all’arrivo di 1 milione di rifugiati sono risultati determinanti per la crescita spettacolare dell’AfD, ora la sfida si è spostata sul modo in cui si può integrare chi è venuto in Germania. E gli esponenti di questo partito usano toni allarmanti e strumentalizzano vicende tragiche come gli attacchi di Manchester e Londra per diffondere paura e sospetti.

Anche la crescita delle disparità sociali aiuta l’estrema destra?

In realtà credo che questo partito sia scelto solo in misura molto marginale dagli elettori per ciò che propone, quanto piuttosto per esprimere l’insoddisfazione e il rifiuto verso il resto delle forze politiche. Lo si capisce bene se si osserva la provenienza dei voti che oggi vanno all’AfD e che arrivano da tutti gli altri partiti, ad eccezione dei Verdi. Addirittura, nelle regioni orientali ha anche attratto molti ex elettori della Linke. Per questa eterogeneità dei suoi consensi sento di poter dire che il partito non ha davvero bisogno di definire le proprie proposte, basta che dica «oggi le cose vanno di merda, noi faremo tutto il contrario» e si presenti come un’«alternativa al sistema». Per molti basta questo per votarlo.

Xenofobia e rifiuto della «vecchia politica», cosa altro emerge dal ritratto-tipo dell’elettore dell’AfD?

Un recente studio della Fondazione Böckler spiega come «il disagio» sia il fattore più importante che spinge la gente a votare AfD; ad esempio i lavoratori manuali e i disoccupati che si sentono minacciati dall’arrivo degli immigrati. Ma ha pesare di più è una più generale sensazione di «indignazione». Chi sostiene l’AfD sente spesso di occupare un livello basso nella scala sociale, ma ciò che lo fa soffrire di più è il sentimento di non poter cambiare le cose: per questo è arrabbiato. Il mondo sempre più complesso in cui vive sembra sfuggirgli al punto che più d’uno tra gli intervistati per questa indagine, ha risposto: «Quello che succede a me è deciso altrove nel mondo». Molti elettori sembrano convinti che tutto stia peggiorando, la loro condizione personale come quella dell’intero paese.

Quanto peseranno le differenze sociali e politiche tra le regioni orientali e quelle occidentali del paese nel risultato di questo partito?

La Germania conta 62 milioni di elettori, 13 milioni dei quali vivono all’est, in regioni come la Sassonia-Anhalt dove l’AfD solo lo scorso anno ha eletto ben 25 parlamentari. Solo che il peso di questo voto orientale, che è frutto della grande distanza che ancora si può riscontrare tra est e ovest, stavolta peserà sugli equilibri nazionali. E, forse, in modo decisivo.