Ieri Londra ha conosciuto il secondo fine settimana di disordini dopo quelli, “monumentali” della settimana scorsa durante le proteste antirazziste di Black Lives Matter. Le trasmissioni durante la pandemia sono tornate in bianco e nero e ieri era il turno dei bianchissimi patrioti dell’estrema destra, confluiti in massa nel centro della capitale per proteggere la statua di Winston Churchill, già scarabocchiata di tristi e imbarazzanti verità lo scorso fine settimana e da allora doppiamente protetta da una solida imbracatura come anche da copiose forze di polizia.

Così, dopo gli “iconoclasti”, è stato il momento degli iconolatri. La contro-manifestazione dei difensori della patria, variamente assortiti fra militanti nazionalrazzisti del gruppo Britain First – di cui, per la cronaca, lo stesso Donald Trump aveva inoltrato un tweet nel 2018 – tifoserie calcistiche studiate nei dipartimenti di sociologia di tutto il mondo per hooliganismo e fascisti che credono di non esserlo, doveva «proteggere le nostre statue dalla profanazione». In migliaia nelle centralissime Whitehall (nomen omen), dove ha sede il monumento al milite ignoto, e a Parliament Square, sulle vibranti note dell’inno nazionale e di Rule, Britannia, si sono prodotti in appropriati tafferugli da stadio con le forze dell’ordine, che stavolta erano in tenuta antisommossa. Sono volate bottiglie e qualche razzo ma nessuno si è fatto veramente male.

Proprio per evitare lo scontro con i patrioti e dopo gli incidenti della scorsa settimana, i militanti di Black Live Matters avevano anticipato quella che doveva essere un’altra grande manifestazione ieri a venerdì. Si è tenuta a Trafalgar Square senza incidenti, mentre ieri un’altra piccolo assembramento pacifico dello stesso gruppo ha avuto luogo a Hyde Park, sufficientemente lontano da dove si era data appuntamento l’estrema destra.

Sotto l’egida della sezione 12 del Public Order Act, per contenere i rischi di scontri ieri la polizia aveva dato disposizioni perché ogni assembramento terminasse alle 17 – un coprifuoco che va ad aggiungersi al tuttora vigente invito formale ad evitare assembramenti per ragioni epidemiche – ed è autorizzata a fermare e perquisire chiunque nel perimetro indicato fino a oggi pomeriggio. Risposte simili da parte di simpatizzanti della razza eletta si erano tenute anche a Bristol, nella stessa piazza dell’abbattimento della statua del mercante di schiavi Edward Colston e a Glagow e Belfast, ma senza particolari violenze.

Continua insomma, come in tutto l’occidente imperial-colonialista, il tumultuoso processo di confronto con il proprio passato della Gran Bretagna che, sulla scia dell’omicidio di George Floyd, ha conosciuto l’assalto alle statue di personaggi sempre stati controversi ma mai messi seriamente in discussione fino a oggi: un assalto dalla forte proprietà transitiva, che ha coinvolto mercanti di schiavi come leader intoccabili della seconda guerra mondiale. Tanto che pare che Churchill, assieme al filantropo schiavista Colston, ripescato giovedì, finisca in un museo. Blood, toil, tears and sweat indeed, sir Winston